PERCHÈ DICO NO ALLA FORMAZIONE CONTINUA

09-02-2007

PERCHÈ DICO NO ALLA FORMAZIONE CONTINUA

Dopo la pubblicazione dell’articolo sulla formazione continua, TopLegal ha ricevuto numerosi commenti. Il tono prevalente è quello dello scetticismo se non addirittura della contrarietà di molti avvocati (non solo giovani) rispetto agli obblighi introdotti dal Consiglio nazionale forense. Pubblichiamo una lettera dell’avvocato Gennaro d’Andria. TopLegal, invita anche altri avvocati a dire la loro sul tema scrivendo a redazione@toplegal.it

 

«Con la presente intendo denunciare l'obbligo di "formazione continua" che il Consiglio Nazionale Forense ha recentemente deciso di imporre a tutti gli iscritti (v. relativo regolamento in calce a questo messaggio). In primo luogo, è evidente, per chi conosce un minimo la realtà forense italiana, che un tale obbligo si trasformerà presto in un mero adempimento burocratico senza alcun significato concreto, se non quello di far aumentare il potere degli ordini provinciali (o meglio dei loro organi direttivi), che saranno così dotati di un efficace strumento (i) per controllare e finanziare gli eventi "formativi"; (ii) per "minacciare di scomunica" e quindi tenere costantemente sotto scacco i numerosi colleghi che, per un motivo o per un altro, non potranno assolvere a tali obblighi di formazione nelle modalità prescelte dai singoli ordini (si pensi ai numerosissimi avvocati che lavorano o fanno pratica all'estero, a coloro essendo specializzati in attività prevalentemente stragiudiziali e di nicchia, potrebbero non avere l'interesse e il tempo per partecipare agli eventi "convenzionati", o semplicemente a coloro che non vorranno pagare per eventi formativi ritenuti inutili o non rientranti nella propria sfera d'attività).
 
A mio avviso, l'elemento più preoccupante, in quanto pregiudica ulteriormente la deontologia liberale della professione, è che tale obbligo di formazione potrà essere assolto esclusivamente partecipando agli eventi "promossi, organizzati, o accreditati anche stabilmente dal Consiglio Nazionale Forense e dai Consigli dell'Ordine e dalla Cassa Nazionale di previdenza forense".
Ciò vuol dire che da ora in poi gli ordini si arrogheranno il diritto di stabilire cosa è formativo e cosa non lo è! Senza contare che tale previsione servirà agli stessi ordini per organizzare essi stessi eventi da finanziarsi o con i soldi degli iscritti costretti a parteciparvi, o con i fondi pubblici ogni qualvolta saranno reperiti finanziamenti ad hoc.
 
Ritengo pertanto che sia interesse della collettività opporsi al tentativo del CNF di introdurre un tale strumento di controllo - che oserei definire di tipo paternalistico-clientelare - nei confronti della formazione degli iscritti. Tentativo tanto più grave perché mira a costituire un monopolio legale della cultura (di Stato), a scapito della formazione effettiva, che è quella che ogni avvocato sceglie liberamente in base alle proprie esigenze professionali ed inclinazioni personali.
 Se poi gli ordini fossero davvero così bravi ad offrire formazione di qualità, allora si lasci la classe forense libera di decidere se partecipare agli eventi "accreditati" (e, quindi, se finanziarli); e se proprio si volesse mantenere in piedi questo singolare sistema di controllo della formazione, si garantisca almeno la possibilità di far valere, ai fini della dimostrazione dell'assolvimento del relativo obbligo, la partecipazione ad eventi anche non accreditati. Nel mio settore (diritto della concorrenza), ad esempio, i convegni migliori si tengono spesso all'estero e costano diverse migliaia di euro...ebbene, sospetto che molti Ordini ne ignorino totalmente l'esistenza, nonostante la (volontaria) presenza di numerosi e qualificati colleghi italiani.
Ringraziandovi per l'attenzione, Vi chiedo pertanto di attivarvi urgentemente per ottenere la modifica del regolamento del CNF in materia di formazione permanente».
Gennaro d'Andria


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