PERCHÈ LAVORARE PER IL PORTAFOGLIO DEGLI ALTRI

23-02-2007

PERCHÈ LAVORARE PER IL PORTAFOGLIO DEGLI ALTRI

Dopo la pubblicazione dell’articolo «Il patrimonio clienti va blindato», in cui sono stati riportati alcuni stralci dell’intervista che in esclusiva Giuseppe Pirola, fondatore dello studio legale e tributario Pirola Pennuto Zei, ha rilasciato a TopLegal e che sarà pubblicata sul prossimo numero di marzo, in redazione sono giunti i primi commenti sul tema. Pirola sostiene che il cliente deve essere “cliente della società” e non del singolo avvocato o commercialista. Ma non tutti sono daccordo. Tra quelle ricevute, pubblichiamo oggi una lettera firmata da un nostro lettore, che preferisce restare nell’anonimato. Cogliamo l’occasione per invitare i lettori a inviare commenti a redazione@toplegal.it

 
Spettabile Redazione,
rispondo al tema da Voi posto «Il patrimonio clienti va blindato».

Si può imporre a un cliente a quale avvocato di fiducia deve rivolgersi?

Se un professionista "decide che quella situazione gli sta stretta e se ne va " la soluzione non sta nel "blindare i clienti" ma nel fare in modo che non se ne vada, e dargli dei validi motivi per restare.
Se se ne va, avrà le sue buone ragioni.
 
Non c'è bisogno della sfera di cristallo per sapere che, di solito, quando un professionista se ne va in circostanze come quelle descritte nel vostro quesito, è perchè lo studio si aspetta che dopo aver appreso le "le necessarie competenze tecniche" (e lavorato per anni 15 ore al giorno per quattro lire) continui a lavorare per la gloria e per il portafoglio di altri. Se si vuole gente che continui a lavorare in questo modo, bisogna prendere dei dipendenti, non dei professionisti.
 
Questo, a mio modestissimo avviso, è il vero motivo per cui alcune strutture professionali non crescono.

Cordiali saluti.


LETTERA FIRMATA

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