PIU' DEL BRAND CONTA LA QUALITA' DEL SERVIZIO

13-03-2007

In seguito alla pubblicazione dell’articolo sull’importanza del brand degli studi nella relazione con i clienti, continuano a pervenire in redazione commenti sulle questioni che TopLegal ha posto ai suoi lettori. In particolare quello della capacità delle boutique di offrire le stesse competenze dei grandi studi legali. Pubblichiamo una lettera di Andrea Torricelli, partner dello studio Hofer Lösch Torricelli, che pone a sua volta ai lettori un ulteriore quesito.

 
Intervengo volentieri su uno dei due corni della questione che ponete : se le boutiques, ancorché ben organizzate, siano "in grado veramente di offrire le stesse competenze dei dipartimenti dei grandi studi legali". Ovviamente non critico la formulazione del quesito, necessariamente semplificato per aprire il dialogo. Mi pare piuttosto da sottoporre ad analisi e vaglio l'assunto della "competenza", o come è implicito "alta o specializzata" competenza delle grandi law firm (anche questa ovviamente è categoria generica), o più specificamente della competenza loro attribuita sul mercato, come assunto dal vostro quesito.
 
Si può distinguere tra:
a) casi nei quali la competenza è solo ipotizzata ed il cliente ricerca prima di tutto la garanzia che la grande organizzazione offre, patrimoniale o di copertura per il funzionario del cliente che ha scelto lo studio; 
b) casi nei quali si sceglie la law firm in funzione del livello di scelta già fatto dalla controparte (e la qualità viene solo ipotizzata);
c) casi nei la scelta della grande law firm ha un generico valore retorico e di immagine;
d) ed infine casi nei quali si sceglie o ipotizza una scelta di qualità perché (d1) si tratta di settori iperspecializzati con pochi attori professionali; (d2) si tratta effettivamente di settori dove la competenza specialistica è già nota.
 
Se grosso modo questa articolazione è plausibile, ci si può porre la domanda seguente: ma come è conoscibile e verificabile la qualità del lavoro legale (sia delle boutique, sia delle grandi law firm)?
Mi pare che questa domanda sia complemento dell'altra sul rapporto di fiducia, che viene considerato come caratteristico del servizio della boutique. Non so quanto a ragione, dato che le acquisizioni delle law firm sono spesso fatte sperando che i nuovi partner acquisiti si portino dietro i clienti; comunque si può ammettere una più facile personalizzazione del rapporto nella boutique.
 
Forse questo rapporto “personalizzato”, questa fiducia, non ha solo un rilievo psicologico e non è solo espressione di radicamenti ambientali. La fiducia può essere anche indizio che, in mancanza di altro, la conoscenza della persona e la continuità del rapporto (che comunque non è garantita) sono strumento di verifica permanente della qualità. Magari non della competenza specifica, ma del metodo di lavoro.
Su questo può darsi che vi sia una differenza delle boutique rispetto alle law firm, che tendono ad internalizzare i metodi (a volte assunti a simbolo attraverso i protocolli e le procedure interne, indefettibili) e poi portano il risultato, quasi d’autorità, senza possibilità di verifica da parte del cliente. Daltra parte, se l’assunto è vero, bisogna riconoscere che anche le boutique non sanno comunicare altrimenti la loro qualità.
In fondo al vostro quesito mi pare, perciò, che ve  ne sia uno comune a tutti: come si riconosce e valuta la qualità del servizio legale? Potrebbe essere forse un impegno, oltre la cronaca, per i media del settore in cui voi operate come TOP.
 
Andrea Torricelli (Hofer Lösch Torricelli)

 

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