Quattro obiettivi precisi per impostare una politica della formazione forense che non si limiti a garantire un accesso qualificato alla professione ma che proietti il professionista legale nel futuro, badando al saper fare, all’Europa, all’integrazione culturale.
Li ha fissati la I° Conferenza nazionale delle Scuole forensi, che si è tenuta oggi a Roma su iniziativa della Scuola superiore dell’avvocatura, fondazione del Consiglio nazionale forense.
In un documento approvato alla conclusione dei lavori, l’avvocatura ha impostato per il futuro gli obiettivi che dovrà soddisfare il sistema formativo forense, anche nella prospettiva che la frequenza delle Scuole forensi diventi obbligatoria, come prescrive la riforma dell’ordinamento forense in discussione in commissione giustizia al senato. In particolare, il documento indica come risultati da raggiungere “il potenziamento strutturale degli organismi formativi, una qualificazione dell’azione didattica diretta a soddisfare l’esigenza di rinnovamento culturale, il riconoscimento della centralità dell’etica professionale e della responsabilità sociale dell’avvocato nella sua formazione, la individuazione di contenuti didattici comuni diretti a valorizzare discipline e tecniche per la ricerca, la interpretazione e l’applicazione del diritto con particolare riguardo al metodo casistico, alle strategie didattiche di soluzione dei problemi e alle tecniche dell’argomentazione e della comunicazione".
“La Scuola superiore dell’avvocatura ha espresso un nuovo modo di concepire la formazione dell’avvocato”, ha dato atto il presidente del Consiglio nazionale forense Guido Alpa, che ha ricordato come il Cnf punti al rafforzamento della qualificazione degli avvocati non solo attraverso le Scuole ma anche con l’organizzazione dei corsi internazionali e con l’avvio del progetto di e-learning. Quanto specificatamente alla didattica, Alpa ha richiamato l’attenzione sullo studio della casistica giurisprudenziale promuovendo il metodo presso le scuole forensi.
Il vicepresidente della Scuola superiore dell’avvocatura, Alarico Mariani Marini, ripercorrendo il percorso avviato dieci anni fa che ha portato il sistema formativo forense a strutturarsi in 77 Scuole localizzate sul territorio con circa 4000 docenti, ha indicato gli sviluppi futuri: “Tutt’ora è insufficiente la consapevolezza degli Ordini forensi sulle priorità da assegnare alla formazione per l’accesso non finalizzata al superamento dell’esame di abilitazione ma che guardi alla identità del’avvocato del domani. Bisogna superare anche la parcellizzazione delle scuole: l’accorpamento sarà una esigenza ineludibile del futuro. Infine, abbiamo davanti una sfida: quella di costruire l’identità dell’avvocato del futuro che guardi all’Europa, che si faccia carico della integrazione multietnica, che qualifichi il ruolo del’avvocato nella giurisdizione, che si faccia carico della responsabilità sociale dell’avvocato”.
David Cerri, della Scuola superiore dell’avvocatura, nella sua relazione ha presentato la radiografia della situazione attuale delle Scuole forensi, basandosi su un questionario al quale hanno risposto 27 Scuole su 77: sono in maggioranza fondazioni, sono finanziate con i contributi degli Ordini o con le quote di iscrizione, sono tendenzialmente obbligatorie, con una offerta didattica per lo più inferire alle 200 ore, con una leggera prevalenza delle lezioni teoriche, con una provenienza forense della maggior parte dei docenti. “Il campione esaminato registra ancora troppe diversità tra scuola e scuola per non mettere all’ordine del giorno la priorità della creazione di un programma comune, anche indipendentemente dagli sviluppi normativi”, ha concluso Cerri.
Giovanni Pascuzzi, ordinario di diritto privato comparato presso la facoltà di giurisprudenza dell’università di Trento, ha tenuto una relazione sulla metodologia didattica da applicare nelle scuole, basata anche e soprattutto sulle abilità, sul saper fare: innovativi gli strumenti didattici individuati, al di là della lezione frontale (docente/ allievi) e del manuale. Pascuzzi annovera il sistema casistico, il Problem based learning, con la discussione in gruppi limitati di studenti di un certo numero di quesiti, il cooperative learning, centrato su gruppi di lavoro eterogenei.
Giuseppe Conte, ordinario di diritto privato nell’Università di Firenze e docente alla Luiss, ha relazionato sugli sviluppi della identità dell’avvocato, sottolineando come “le nuove leve di giovani avvocati sono chiamati a rinnovare la loro cultura giuridica, a tenere conto del concetto di società multistakeholders, a tenere presente che qualsiasi attività economica non può mirare esclusivamente al profitto ma deve tener conto sempre responsabilmente dell’impatto che le varie iniziative possono avere in una platea molto più ampia di soggetti potenzialmente interessati”.
Vincenzo Zeno-Zencovich, ordinario di diritto comparato a Roma tre, ha affrontato il tema della formazione linguistica dell’avvocato, sottolineando che ormai esso tocca il futuro della professione in un mercato sempre più competitivo e transnazionale. “A volere prefigurare un ruolo più attivo degli ordini in materia si possono ipotizzare diverse strade: stipulare convenzioni con organismi riconosciuti e certificati, organizzare corsi direttamente nel paese straniero, costituire gemellaggi con ordini professionali di altri paesi e organizzare congiuntamente corsi di formazione”.