PRIVATE EQUITY I FONDI ITALIANI PUNTANO SUL MID MARKET

23-10-2006

PRIVATE EQUITY I FONDI ITALIANI PUNTANO SUL MID MARKET

Le piccole e medio imprese si aprono al private equity italiano. Nei primi sei mesi di quest’anno le operazioni compiute dagli operatori italiani di private equity sono state 119, per un ammontare pari a 826 milioni di euro. Di queste, nessuna ha riguardato i large e i mega deal, ovvero operazioni unitarie al di sopra dei 150 milioni di euro che, per ragione temporali, saranno contabilizzate nel secondo semestre. Sono questi i risultati emersi dalla tradizionale ricerca sul mercato italiano dell’investimento istituzionale nel capitale di rischio condotta da AIFI, l’Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital, in collaborazione con PricewaterhouseCoopers-Transactions Services, e presentata oggi a Milano.
I tre quarti delle operazioni compiute nei primi sei mesi del 2006 hanno riguardato le imprese con meno di 250 dipendenti e oltre la metà, circa il 68%, hanno interessato imprese con meno di 50 milioni di euro di fatturato. A dominare la scena sono state le operazioni di expansion, ovvero gli investimenti finalizzati allo sviluppo di imprese esistenti attraverso assunzioni di partecipazioni minoritarie, e le operazioni di buy out. Le prime sono state in tutto 48 e di ammontare pari a 276 milioni di euro, le seconde invece sono risultate 34 e di ammontare pari a 444 milioni di euro. Deludenti invece i dati relativi alle operazioni di early stage e di replacement. «Questi dati confermano non solo l’apertura delle piccole e medio imprese italiane verso gli operatori di private equity» dichiara Giampio Bracchi, presidente di AIFI, «ma anche il crescente adeguamento di questi verso le caratteristiche del tessuto industriale italiano». Ad attrarre gli investimenti sono stati soprattutto il settore dei servizi industriali, quello medicale e il retail. A livello geografico, invece, le operazioni si sono concentrate soprattutto in Lombardia (35) e, a sorpresa, in Friuli Venezia Giulia (17), dove ha giocato un ruolo importante Friulia, la società finanziaria della regione. A livello di raccolta, sono affluiti sul mercato del private equity 737 milioni di euro, in linea con i flussi registrati lo scorso anno. I flussi sono derivati soprattutto da banche e fondi di fondi. Ancora assenti invece i fondi pensione e le assicurazioni. «Sarebbe essenziale che le assicurazioni in Italia investissero di più le loro riserve tecniche e matematiche in fondi di private equity» aggiunge Bracci «considerato che la maggior parte di tali risorse sono dirottate all’estero tramite il veicolo dei fondi. Occorre un atteggiamento più maturo, non solo da parte delle società di assicurazioni, ma anche da parte dell’Isvap». D’altra parte sarebbe proprio questa la ragione per la quale il mondo del private equity italiano sta perdendo terreno rispetto a quello degli altri paesi europei, come Francia, Spagna e Germania, dove i volumi e il numero delle operazioni sono risultati maggiori. A toccare livelli record sono stati i disinvestimenti, circa 76 e di ammontare pari a 567 milioni di euro. A questo punto cosa dovremmo aspettarci per il secondo semestre? «Le prospettive per la fine dell’anno sono positive» ha dichiarato Mara Caverni, responsabile del private equity e partner di PricewaterhouseCoopers «considerato che soltanto dopo luglio sono stati conclusi le grandi operazioni, come quelle relative ad Avio, Limoni e Sisal. A livello di volumi e di raccolta il 2006 dovrebbe concludersi in linea con i risultati raggiunti lo scorso anno. Molto dipenderà comunque anche dalla tempistica con cui saranno chiuse diverse operazioni che attendono il via libera dell’Antitrust» conclude Caverni.

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PwC TLS AIFI, Avio, Bridgepoint, Sisal, Limoni, Permira SGR, Clessidra, Apax


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