di Valentina Magri
Le pmi sono responsabili del 41% del fatturato e del 33% degli occupati in Italia. Tuttavia, considerando i criteri di valutazione delle imprese che tipicamente adottano i fondi di private equity, nel nostro paese ci sono solo circa 4.100 pmi appetibili per il private equity su un totale di 211 mila. Lo stima Marco Mizzau, senior advisor di fondi di private equity, in precedenza ceo di Consip, senior manager in società di consulenza, managing director di Inarcassa e coo del Campus Bio-Medico.
A suo avviso, occorre abbattere una serie di ostacoli per favorire l’ingresso dei private equity nel capitale delle pmi. Il primo è di ordine informativo. «Un terzo degli imprenditori italiani sono over 70 e ignora il significato e le potenzialità del private equity, esploso nel nostro paese solo dagli anni Novanta in poi. In generale, gli imprenditori hanno difficoltà a comprendere cosa siano private equity e private debt», sottolinea Mizzau. Sussiste poi un ostacolo di ordine culturale: il timore dell’ignoto e del cambiamento da parte dell’imprenditore, cui fa da contraltare la spinta a crescere e a fatturare. Inoltre, anche la struttura familiare di un’impresa può costituire una criticità, nella misura in cui sussistono dissidi tra i suoi componenti. Un altro problema è l’identificazione dell’impresa con l’imprenditore, che è anche fonte di problemi di passaggio generazionale.
Questi ostacoli creano difficoltà degli imprenditori nella valutazione delle numerose proposte di acquisizione provenienti dai private equity. Proposte che solitamente arrivano dopo un’analisi di una serie di indicatori di track record, flussi di cassa, fatturato ed ebitda, anche se alcuni fondi di private equity potrebbero essere più aperti a valutare anche imprese che non rispettano tutti i criteri ma che possano rientrare in un progetto industriale di sistema.
Una volta ricevuta la proposta, sorge a questo punto un problema di fiducia verso i private equity, perché il titolare della pmi e il suo commercialista esterno non sono in grado di distinguere i diversi private equity, di comprendere le peculiarità del loro approccio e quale sia il migliore fondo per far crescere l’impresa. «Le sgr hanno diversi ticket di investimento, oltre che strategia e settori che prediligono. I fondi inoltre non devono avere solo l’interesse a fare la exit. Occorre anche creare empatia e sinergia con imprenditore perché l’operazione funzioni», evidenzia Mizzau.
L’intervista completa è stata pubblicata su TopLegal Digital di novembre 2024 - n. 10. Registrati / accedi al tuo profilo per sfogliarla gratuitamente