Spagna, Belgio, Inghilterra e lo scorso anno Australia. Tra i conquistatori italiani Amplifon, a partire dal 2003, ha realizzato un’attività di shopping in giro per il mondo che l’ha portata ad essere uno dei principali operatori nel settore degli apparecchi acustici, raggiungendo nel 2010 un giro d’affari di 708,1 milioni di euro con un incremento del 7,8% rispetto al 2009.
L’ultimo centro messo a segno dal gruppo guidato dall’amministratore delegato Franco Moscetti (in foto), è stata l’acquisizione dell’australiana Nhc per 460 milioni di dollari. In precedenza, Amplifon aveva comprato la belga Dialogue, la spagnola Gurpo Laudio e soprattutto l’inglese Ultravox nel 2006. Non sorprende, dunque, che il manager guardi con distacco le derive protezionistiche scatenate dall’attacco francese a Parmalat e non abbia timore d’affermare che «in un economia di libero mercato vince il più forte».
Dottor Moscetti, che idea ha della presunta “campagna d’Italia” mossa dai capitali francesi e delle manovre difensive avviate dal Governo?
Una volta stabilito il principio della reciprocità, penso che in un economia di libero mercato debba vincere il più forte. In particolare, facendo riferimento alle ultime operazioni che hanno visto i gruppi francesi acquisire aziende italiane, c’è da sottolineare e constatare come il “Sistema Francia” sia più strutturato di quello italiano. In Italia esiste un capitalismo di tipo familiare che ha certamente aiutato il Paese in questi anni di dura crisi, ma è anche stato ed è un limite quando si deve competere su mercati internazionali. In Italia se togliamo i grandi gruppi come Eni, Enel, Telecom o Fiat non abbiamo un portafoglio allargato di aziende internazionali. Comunque, basta analizzare e confrontare il Cac 40 (principale indice della borsa francese, ndr) con il nostro Ftse Mib per capire quanto detto.
Ma c’è anche il caso in cui siano aziende italiane a fare acquisti all’estero, voi siete un esempio, ma quali sono le difficoltà che si incontrano?
Noi operiamo in un settore particolare. Di recente abbiamo acquisito Nhc, società operante nella commercializzazione di soluzioni uditive, presente in Australia, Nuova Zelanda e India. Oltre ad avere dovuto dimostrare la salute del gruppo e la “bontà” del progetto, non abbiamo avuto altri grossi problemi nel reperire le risorse finanziarie a supporto dell’operazione. Certo è pur vero che alle aziende italiane si chiede di dimostrare sempre di più rispetto alle altre; questo, purtroppo è dovuto in parte all’immagine un po’ disordinata e alternativa che negli anni l’Italia si è creata e che in parte è dovuta ai cliché che ci vengono addossati dalla stampa internazionale, la quale non parla mai delle nostre aziende in salute, ma evidenzia sempre ben altri esempi. Anche se c’è da dire che io non ho mai avuto un veto.
(La versione integrale dell’articolo è sul numero di Maggio 2011 di TopLegal).