La London Court of International Arbitration (Lcia) ha nominato Luca Radicati di Brozolo (in foto) suo vicepresidente. Si tratta del primo professionista italiano a ricoprire questo importante incarico. La Lcia, nata nel 1892 a Londra, è una delle principali istituzioni internazionali a gestire gli arbitrati internazionali, anche con parti statali.
Radicati è tra gli esperti di arbitrato più riconosciuti a livello internazionale ed è coinvolto, in particolare come arbitro ed anche come avvocato ed esperto, in procedimenti commerciali e di investimento di alto profilo. Nel 2013 ha fondato - con Michele Sabatini, Massimo Benedettelli e Marco Torsello – Arblit, nota boutique specializzata in contenzioso arbitrale e ordinario. Radicati, che è nella lista degli arbitri Icsid, è anche door tenant di Fountain Court Chambers di Londra, oltre che professore ordinario della facoltà di giurisprudenza dell’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Radicati di Brozolo era già membro della Corte della Lcia e la sua nomina si aggiunge a quella di altri soci Arblit in istituzioni arbitrali.
In occasione dell’importante nomina ottenuta, abbiamo chiesto a Luca Radicati di Brozolo l’iter che ha portato a questo successo e come si presenta oggi il mondo dell’arbitrato internazionale.
Come è arrivato a questa importante nomina?
Dopo la fine del mio mandato alla Corte della Camera di Commercio Internazionale (Cci) sono diventato membro della Lcia per poi diventarne vicepresidente. Lcia è un’istituzione molto presente nel mondo anglosassone, in Medio ed Estremo Oriente e in Africa, che mira a rafforzare il proprio ruolo in Europa continentale e Sud-America. Credo che la nomina di un italiano, con una practice e una visibilità internazionali, oltre a una presenza a Londra tramite Fountain Court, sia stata considerata utile per aumentare lo spettro di expertise all’interno della Lcia e la sua penetrazione in aree nuove.
Qual è il posizionamento dei professionisti italiani nelle corti arbitrali europee?
Non è in realtà così rara la presenza di italiani nelle istituzioni arbitrali. Per esempio, il mio socio Massimo Benedettelli è membro della Court of Arbitration della International Chamber of Commerce (Icc). Inoltre, nella Corte della Cci ci sono attualmente due italiani, Massimo Benedettelli e Cecilia Carrara, e della stessa Corte è stato segretario generale fino a pochi anni fa Andrea Carlevaris, ora membro della Corte arbitrale di Stoccolma, mentre Luigi Fumagalli è nel consiglio dell’istituzione tedesca, la Dis, e Marco Torsello è membro Comitato del Thailand Arbitration Center di cui è presidente un altro italiano, Franco Ferrari.
Abbiamo notato che diversi professionisti seguono un doppio binario, coprendo il ruolo di arbitro e avvocato. Quali sono i vantaggi e le controindicazioni nello svolgere contemporaneamente entrambe le funzioni?
Sono convinto che le esperienze di arbitro e di avvocato siano complementari e svolgere entrambi i ruoli è molto arricchente perché consente di essere un miglior arbitro e un miglior avvocato. Personalmente sono contento di agire in entrambe le funzioni, oltre in quella di expert witness che costituisce un’ulteriore sfaccettatura di questa professione. Innegabilmente chi opera in ruoli diversi è più soggetto al rischio di conflitti di interessi, che possono però essere ridotti o eliminati dall’applicazione ferrea da parte delle istituzioni arbitrali delle regole sui conflitti di interessi.
Recentemente abbiamo scritto di third party funding, uno strumento in ascesa secondo i dati estratti dalla Ricerca Contenzioso e Arbitati condotta dal Centro Studi di TopLegal. Cosa ne pensa e quali applicazioni avrà, secondo lei, in Italia?
Il third party funding è ormai diffuso nel contenzioso internazionale, non solo arbitrale, e ormai anche le imprese italiane cominciano a considerarlo. Il nostro studio è in frequente contatto con third party funders interessati all’Italia. Lo strumento è utile per le imprese che hanno difficoltà a finanziare la propria di partecipazione, quanto meno con difensori qualificati, ad arbitrati come attori o convenuti, ma anche per quelle che preferiscono semplicemente impiegare in modo più redditizio gli importi, spesso considerevoli, necessari per il contenzioso, lasciando che questo venga finanziato da chi ha l’esperienza e le risorse necessarie.
La ricerca contenzioso e arbitrati del Centro Studi di TopLegal sarà pubblicata su E-edicola dal 1 giugno, nonché ricompresa nella TopLegal Review di giugno-luglio.
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