A seguito degli scandali finanziari dell’ultimo decennio, con la riforma dei sistemi di governance è stata posta maggiore responsabilità a carico degli organi di gestione e controllo delle società.
Oggi, l’attività di amministratore di società espone a numerose responsabilità, spesso connotate da presupposti e requisiti differenti. Si tratta di un tema particolarmente ampio in quanto differenti normative attribuiscono agli amministratori responsabilità a vario titolo.
Non fanno eccezione, in questo quadro, i reati di natura tributaria. Sempre più di frequente, infatti, in caso di reati fiscali si assiste alla richiesta da parte delle Procure – e alla conseguente applicazione da parte dei Giudici – del sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, sui beni degli amministratori delle società. La confisca per equivalente (detta anche confisca di valore), introdotta dalla legge 24 dicembre 2007 n. 244, ha natura prettamente sanzionatoria. Si confiscano somme di denaro, beni o altre utilità di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente al profitto del reato, nei casi in cui la confisca diretta non sia possibile. Il problema dell’istituto è che non è commisurato in alcun modo né alla colpevolezza del reo, né alla gravità dell’illecito.
In un quadro normativo frammentario e confuso come quello italiano, questo ha portato a colpire indistintamente chiunque, anche chi ha compiuto il delitto tributario per effetto dell’opacità della norma. Ne consegue che il rischio legato alla compliance fiscale è divenuto «quasi sistemico e il delitto fiscale inconsapevole è un tema drammaticamente attuale».
È con queste parole che Stefano Morri, fondatore e name partner di Morri Cornelli e Associati, ha introdotto la tavola rotonda « Gli illeciti tributari e le conseguenze patrimoniali sugli amministratori delle società: il sistema sanzionatorio amministrativo e penale alla luce della recente giurisprudenza e delle prospettive di riforma », organizzata lo scorso 10 febbraio da Morri Cornelli e Associati in collaborazione con TopLegal.
All’incontro, che ha affrontato i tratti di opacità della norma e i suoi possibili sviluppi, sono intervenuti in qualità di relatori Carlo Nocerino, Sostituto procuratore della Procura della Repubblica di Milano; Francesco Centonze, Ordinario di diritto penale dell’Università Cattolica; Fabrizio Pacchiarotti, partner di Morri Cornelli e Associati; Roberto Moro, Responsabile affari fiscali di Telecom Italia e Vice presidente dell’Associazione Fiscalisti di Impresa; e Maurizio Arecco, Head of large clients di Willis Italia.
Nel corso del dibattito è emersa con forza la complessità del lavoro di tax manager, che deve proporre una gestione della fiscalità in grado di bilanciare l’esigenza di minimizzare il «costo» della fiscalità in capo all’azienda con quella di limitare il rischio di subire la contestazione di illeciti tributari. Il tax manager deve avere la capacità di gestire al meglio il «rischio fiscale» che, così come definito dall’art. 18 della bozza di Decreto Legislativo elaborata dal Governo in attuazione della Legge Delega per la riforma del sistema fiscale italiano (L. 23 dell’11 marzo 2014), è il «rischio di operare in violazione di norme di natura tributaria ovvero in contrasto con i principi o con le finalità dell’ordinamento tributario». Là dove le conseguenze del rischio fiscale per i rappresentanti legali e i dirigenti delle imprese si concretizzano nella possibilità di subire misure di natura patrimoniale e di essere passibili di imputazione penale con riferimento ai reati tributari contestati.
Tutti i relatori sono stati, quindi, concordi nel ritenere fondamentale in questo contesto il ruolo dell’advisor esterno e la sua capacità di fornire una fotografia reale, con tutte le alee e tutti i rischi connessi alla gestione fiscale di una società. Quando si parla di consulenza tributaria, gli operatori del settore intervenuti al dibattito, preferiscono un approccio conservativo e ostativo in grado di mettere in sicurezza l’azienda e le sue persone.
Assicurazione: soluzione parziale
In materia di penale-tributario le assicurazioni non possono intervenire altrimenti verrebbe meno l’efficacia deterrente della norma. La logica è quella di far prevalere la tutela dell’ordine e dell’interesse pubblico. Tuttavia, da un punto di vista patrimoniale alcune fattispecie sono assicurabili e le polizze assi¬curative forniscono garanzie tali da aver portato a una sempre maggiore diffusione delle coperture Rc Amministratori attraverso la stipula di una polizza D&o. I comportamenti che posso essere assicurati comprendono: la reale o presunta infrazione ai propri doveri; l’abuso di fiducia o di potere; l’errore; la dichiarazione inesatta o fuorviante; e la violazione di obbligazione inerente ad un rapporto di lavoro e gli atti commessi nell’esercizio delle proprie funzioni.
In questi casi la copertura si attiva a seguito di una richiesta di risarcimento scritta; di un’azione civile per danni pecuniari; e di un’azione penale e di un procedimento amministrativo emanato da Authority o Ente nazionale di controllo. Un caso recente che ha fatto scuola è stato quello di Seat Pagine Gialle, in cui gli ex vertici della società hanno chiuso l’azione di responsabilità avanzata nei loro confronti in seguito alla ristrutturazione del gruppo, firmando con i soci di Seat un accordo transattivo che prevede il pagamento di 30 milioni di euro, 20 dei quali sono stati liquidati da due compagnie assicurative. «Si tratta di un esempio di efficacia assicurativa, in cui la polizza ha assolto il compito di proteggere il patrimonio personale de¬gli amministratori chiamati in causa per risarcimento danni », ha commentato Maurizio Arecco.
Prevenire per ridurre i rischi
Se stipulare una polizza assicurativa può essere utile, la prevenzione del rischio fiscale è indispensabile. Il rischio fiscale «può e deve essere gestito con una tax governance ben strutturata, che consente di ridurre fino ad annullare il rischio finale di condanna nei giudizi tributari e penali» ha sottolineato Roberto Moro. Le grandi aziende hanno già una se¬rie di controlli interni di gestione del rischio. Nello specifico, gli strumenti adottati da Telecom Italia sono: collegio sindacale; internal audit; società di revisione; comitato manageriale per i controlli delle operazioni tra parti correlate; special committee per la valutazione delle passività potenziali derivanti da sospette frodi con impatti fiscali; e controlli Sox (Sarbanes- Oxley Act) che si pongono come obiettivo il ripristino della fiducia degli investitori e la protezione degli azionisti contro possibili frodi.
Oltre agli strumenti messi in campo dall’azienda, sarebbe opportuno che ci fosse una cooperazione rafforzata tra aziende e Amministrazione finanzia¬ria. A riguardo, sarebbe auspicabile l’indicazione di un interlocutore privilegiato e determinato all’interno dell’Amministrazione finanziaria, che possa essere costantemente e velocemente consultato da ciascuna grande azienda. «Sarebbe un efficacissimo strumento per tendere sempre più alla certezza del diritto, vero catalizzatore degli investimenti in Italia «a costo zero» o quasi», ha aggiunto Moro. Moro auspica la concreta attuazione all’apposita previsione della Legge Delega (art. 6), che statuisce l’organizzazione di adeguate strutture dell’Amministrazione finanziaria dedicate a rafforzare la collaborazione con le aziende, «trasformando il rapporto con i contribuenti da repressivo a collaborativo preventivo».
In sintesi, in prospettiva affinché si riduca il rischio fiscale dovrà trasformarsi profondamente il rapporto tra Amministrazione finanziaria e contribuente. Da un lato, l’impresa dovrà impostare la gestione del rischio in un’ottica preventiva. Adottando un modello di organizzazione e gestione strutturato come quello previsto per la 231, che consenta di supportare l’affidabilità e veridicità delle informazioni che confluiscono nelle dichiarazioni fiscali. Sottoponendo, inoltre, alla preventiva valutazione dell’Amministrazione le situazioni suscettibili di generare rischi fiscali. Parallelamente, anche l’Amministrazione finanziaria dovrà passare da un’ottica repressiva (basata su verifiche, accertamenti, processi, condanne) ad una preventiva, che consenta alla società di conoscere anticipatamente gli effetti fiscali delle sue scelte.
Responsabilità amministratori