Per i dipartimenti Banking & Finance degli studi il 2007 potrebbe essere un anno interlocutorio relativamente alle operazioni di aumento di capitale. Le nuove norme sulle rendite finanziarie, che dovrebbero entrare in vigore dal prossimo luglio, prevedono una tassazione sui guadagni in conto capitale del 20% e ciò potrebbe avere un impatto sull’appetibilità dell’investimento azionario da parte dei risparmiatori, creando difficoltà a tutte quelle società che, per finanziarsi, ricorrono al mercato dei capitali.
Nel 2006 le operazioni di aumento di capitale hanno consentito a 23 società di raccogliere complessivamente 5,1 miliardi di euro, in calo rispetto ai 12,1 miliardi del 2005. E nel 2007, al di là delle operazioni già annunciate, tra cui quella di 300 milioni di euro di Banca Italease, assistita dallo studio Pavesi Gitti Verzoni, e quella di 10 milioni di euro di Data Service, assistita dai legali di Clifford Chance, potrebbe verificarsi un’ulteriore riduzione.
Ma l’allarme non è ancora scattato. «Nonostante l’innalzamento dell’aliquota sui capital gain al 20%» dichiara Giovanni Bandera (nella foto), commercialista e revisore dei conti del dipartimento Tax di Pedersoli e associati, studio di cui è partner, «non ci si attende un impatto rilevante sulle operazioni di aumento di capitale delle società quotate; infatti da un lato non ci dovrebbero essere conseguenze sugli investitori istituzionali e dall’altro per gli investitori privati le operazioni di sottoscrizione di azioni, come le operazioni di acquisto, dovrebbero scontare la medesima aliquota della altre forme alternative di investimento».
E’ dietro l’angolo, però, che potrebbero nascondersi le insidie. «Ciò che potrebbe rendere sempre meno attraente l’investimento azionario» continua Bandera, «è la possibile adozione di un sistema di tassazione sul maturato e non sull’incassato. Se venisse adottato questo meccanismo di tassazione non solo dovremmo attenderci una minore propensione dei risparmiatori all’acquisto di azioni e quindi alla sottoscrizione di nuovi aumenti di capitale, ma anche a un incremento di liquidazioni di investimenti a fine anno finalizzati a recuperare i mezzi necessari per pagare le imposte ovvero ad allineare i capital gain effettivamente realizzati con quelli tassati. I dipartimenti fiscali degli studi legali stanno sin d’ora valutando l’impatto della prospettata riforma della tassazione sulle rendite finanziarie al fine di poter elaborare per i propri clienti vie alternative di raccolta di capitali e/o di investimento».
Se ciò dovesse accadere, le società italiane potrebbero rivolgersi all’estero per raccogliere capitali, creando strutture ad hoc, mettendo così a rischio il carattere nazionale del nostro sistema finanziario e industriale.