Avvocati e comunicatori: associare queste due professioni suona come un ossimoro. I primi noti per la politica del silenzio, i secondi all’opposto, per quella delle parole. Ma è solo con una strategia condivisa che queste due figure professionali possono fare fronte comune nell’interesse del cliente.
Del comunicare in tempi di crisi e della necessità di coordinare la strategia legale e quella di comunicazione, specie in situazioni di particolare stress per le aziende, si è parlato nel corso di un convegno organizzato dall’agenzia internazionale Brunswick Group e Nctm Studio Legale Associato. L’obiettivo dell’incontro, dedicato a legali d’azienda, responsabili della comunicazione, Investor Relator ed Hr, era tracciare una sorta di paradigma di come una crisi possa essere gestita attraverso la forte e positiva contaminazione tra advisor legali e di comunicazione per contenere l’impatto di una situazione avversa o addirittura trarne vantaggio.
Con il termine “crisi” non si intende esclusivamente quella economica. Esistono, infatti, vari esempi di crisi, come elencato da Gianni Di Giovanni, executive vice president, external communication di Eni e Charmain di Agi: «Si può parlare di crisi economica, industriale, di crisi di prodotto, reputazionale e infine istituzionale. In ognuno di questi casi, nei quali l’azienda si trovi coinvolta, è fondamentale avere un approccio univoco, coerente, uniforme e bilanciato per quanto riguarda la comunicazione».
«Comunicazioni divergenti - interviene Paolo Montironi, senior partner di Nctm - non fanno che danneggiare l’impresa. Per questo è necessario che legali e comunicatori compensino i vizi strutturali gli uni degli altri». Nel caso per esempio di ristrutturazioni aziendali, la creazione di un flusso informativo trasparente specie con il ceto creditorio si scontra con tre ostacoli pratici: la ritrosia dell’imprenditore nel chiarire la situazione finanziaria della società, gli atteggiamenti stereotipati del ceto bancario e infine la mancata collaborazione dei creditori di minori dimensioni e la loro non sempre piena comprensione delle logiche sottese alle operazioni di ristrutturazione. Per ovviare a queste problematiche, spiega Montironi, «occorre adottare linguaggi comunicativi differenti a seconda della categoria di creditori con cui ci si confronta».
Altro tema per legali e comunicatori è quello dei contenziosi. Nel momento in cui la società si trovi a dover fronteggiare una lite, sia essa per azioni risarcitorie per prodotti difettosi, azioni di condanna per pubblicità ingannevole o ancora, danno ambientale e infine azioni di risarcimento civile connessi a un procedimento penale, è necessario «pianificare l’avvio di una “campagna militare” – spiega Gian Carlo Sessa, partner del dipartimento di contenzioso in Nctm – L’azienda, infatti, deve combattere su due fronti, quello giudiziario e quello mediatico. Ed è per questo che come fece Menelik bisogna tenere separate le truppe nemiche ed attaccarle su più fronti». Per attuare tale strategia si possono adottare due modalità: il silenzio e il temporeggiamento.
In taluni casi il silenzio però non è un’ipotesi percorribile. Specie in vicende legate a tematiche giuslavoristiche, per fare un esempio, è necessaria l’instaurazione obbligatoria di tavoli di negoziazione con le OO.SS. «Fondamentale in questi casi - interviene Michele Bignami, partner del dipartimento di diritto del lavoro di Nctm - è mantenere coerenza nelle informazioni comunicate alle OO.SS. e ad interlocutori terzi (mercati, authorities, partner commerciali, stampa, clientela, etc.), impostare una pianificazione della comunicazione nel medio termine (senza arrestarsi a strategie e tattiche situazionali) e tenere presente che, in un secondo momento, l’interlocutore sarà il Giudice».
La crisi deve essere vista dall’azienda come un’opportunità di cambiamento. «Un vero leader – afferma Richard Meredith, partner di Brunswick – sa cogliere l’opportunità di cambiamento insita nella crisi e utilizzarla per proiettare l’azienda verso il futuro. La crisi è come la neve: si fa molto per prepararsi ma è impossibile impedire che nevichi, e la differenza la farà chi saprà essere flessibile e identificare le occasioni per influenzare il corso degli eventi e delle opinioni». Gli fa eco Alessandro Iozzia, partner di Brunswick: «il segreto è la preparazione. Una crisi è tale nel momento in cui l’evento problematico si produce, non quando esso diventa pubblico. E da una crisi ben governata l’azienda può uscire rafforzata: la reputazione, ossia la credibilità di un’azienda nei confronti dei propri stakeholder, è infatti un asset negoziale fondamentale».
Negli ultimi anni, inoltre, l’avvento del web ha complicato non poco la situazione per le aziende. «E’ assai probabile che una crisi si diffonda sia online che offline, se non addirittura che sia originata proprio online – dice Lidia Fornasiero, director di Brunswick – con una visibilità globale e una minor possibilità di essere circoscritta. La tecnologia digitale, attraverso il web e i social media, ha democratizzato i canali di comunicazione e aumentato la richiesta di trasparenza. Oggi è più che mai vero che la reputazione costruita con il lavoro di anni può essere distrutta in un istante». Sulla maggior trasparenza e chiarezza di comunicazione è intervenuto anche Giuseppe Catalano, direttore affari legali e societari di Indesit Company, che nel corso del dibattito ha raccontato interessanti aneddoti di vita d’azienda: «In ogni caso avere una procedura d’intervento ben strutturata è fondamentale e utile a muoversi tempestivamente. L’informazione, inoltre, deve essere chiara, in caso contrario il rischio è quello di danneggiare l’azienda».
Chiosa Lorenzo Lampiano, secretary to the board e head of corporate law di UniCredit, che, condividendo in toto il pensiero di Catalano, propone un modello di cooperazione tra funzione legale e comunicazione da svilupparsi non solo nei momenti di discontinuità o di espansione, ma anche e soprattutto nel dialogo quotidiano in condizioni di business as usual: «E’ fondamentale che ci sia un confronto costante tra le due funzioni per favorire una “sana contaminazione” delle professionalità, nel senso di una maggiore attenzione alla comunicazione da parte dei legali e di un’accresciuta consapevolezza dei rischi ad essa connessi da parte dei colleghi che ne hanno la responsabilità. E’ infatti nella frequentazione quotidiana che si pongono le basi di una cooperazione che consentirà di intervenire in modo pianificato, puntuale e repentino per limitare i danni nel momento in cui una crisi dovesse emergere».
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