RETROSCENA: UNICREDIT E IL RISCHIO OPA (SCAMPATO) SU PREMAFIN

23-03-2011

RETROSCENA: UNICREDIT E IL RISCHIO OPA (SCAMPATO) SU PREMAFIN

Strana struttura quella in essere tra Unicredit e Credit Suisse, Joint Global Coordinator e Joint Bookrunner ma non con quote paritetiche, come avviene tradizionalmente in questi casi. TopLegal ha voluto indagare sulla questione e secondo quanto riportato dalle sue fonti sembra che l’uguaglianza fosse all'ordine del giorno ma poteva costar davvero cara ad Unicredit. La Banca ha infatti rischiato di trovarsi esposta al rischio di dover lanciare un’Opa obbligatoria su FonSai.

Durante le trattative per la definizione dell’operazione, che si sono svolte negli ultimi giorni, la divisione Equity capital markets di Unicredit  aveva richiesto un ruolo primario nell’operazione e quindi a fianco a Credit Suisse come joint global coordinator e joint bookrunner. 

Secondo la struttura implementata da Piergiorgio Peluso di Unicredit, la Banca partecipa all'aumento di capitale sia sottoscrivendo direttamente l'aumento di capitale sia come joint global coordinator joint book runner garantendo l'inoptato.

L’aumento di capitale deliberato da FonSai prevede l’emissione di nuove azioni (ordinarie e risparmio) ammonta a 450 milioni, di cui 300 a rischio mercato. 


Ora, se Unicredit si fosse fatta carico della garanzia di 150 milioni (pari al 50% del rischio mercato di 300 milioni) e se, per ventura, questi non fossero stati sottoscritti da terzi, la banca si sarebbe trovata nella condizione di doverli coprire aumentando sensibilmente la propria partecipazione in FonSai oltre alla partecipazione obiettivo del  6,6% concordato da  Unicredit. A completamento dell'aumento di capitale in Fonsai, Unicredit avrebbe avuto il 6,6% più la percentuale corrispondente ai teorici 150 milioni di euro inoptati che assieme agli accordi stipulati con il Gruppo Ligresti avrebbero fatto scattare l’obbligo di Opa.

Per ironia della sorte dopo l’obbligo di Opa ai francesi ci sarebbe stato l’obbligo di Opa anche per la soluzione italiana con ombrello svizzero. 
Ad accorgersi del pericolo sono stati proprio i legali che stavano seguendo le banche, ovvero Francesco Carbonetti, dell’omonimo studio ed Enrico Giordano di Chiomenti, che ha lavorato al fianco di Credit Suisse, guidato da Federico Imbert e dal suo team (Guido Banti e Paolo Celesia).


La soluzione finale è stata la costruzione di un consorzio di garanzia un po’ sui generis. Infatti, mentre Credit Suisse garantisce 260 milioni, Unicredit garantirà solo 40 milioni di euro, 18 dei quali relativi ad azioni ordinarie e 22 relativi ad azioni risparmio.

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Carbonetti, Chiomenti FrancescoCarbonetti, EnricoGiordano UnipolSai, Unicredit, Credit Suisse, Ligresti


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