Accendere i riflettori sulla governance delle fondazioni. È questa la sfida abbracciata da Gianfranco Negri-Clementi (in foto) a distanza di vent'anni dalla cosiddetta legge Amato (218/1990). In un anno in cui sono le stesse fondazioni di origine bancaria ad aver imboccato la via "catartica" di un'attenta riflessione sulle scelte passate, per tracciare le direttrici di un nuovo corso. Un confronto che vede in prima linea, assieme a Negri-Clementi, titolare dell'omonimo studio e presidente di Argis (associazione di ricerca per la governance d'impresa), Giuseppe Guzzetti, presidente della fondazione Cariplo e di Acri (associazione di fondazioni e di casse di risparmio).
Il confronto nasce sulla scorta di un articolo, dai toni provocatori, datato 1 dicembre 2011 a firma di Giulio Sapelli, ex presidente della fondazione Monte Paschi, che sulle colonne de L'Espresso parla di "Fondazioni tradite". Sottolineando il "familismo amorale" che avrebbe legato gli uomini forti delle fondazioni alle cattedrali del mondo finanziario. «Risale proprio a dicembre il primo incontro con Guzzetti - racconta a TopLegal Negri-Clementi, ai margini del convegno organizzato ieri da Acri e Argis "Interrogativi e speranze a 20 anni dalla legge Amato", che tra i relatori ha contato la presenza dello stesso Sapelli -. Un incontro nato dal desiderio di indagare in maniera più approfondita l'operato delle fondazioni, ma smussando ogni polemica: alcuni esponenti di spicco delle fondazioni sono corsi a difendere la bontà del loro operato, ma bisogna uscire da quest'ottica particolaristica e analizzare la bontà della norma. Perché solo così si può produrre un reale progresso».
E di passi in avanti, in effetti, ne sono stati fatti. Il 4 aprile l'Acri vota all'unanimità la Carta delle fondazioni. Una vittoria nella mediazione tra gli interessi non sempre allineati delle 88 fondazioni di origine bancaria presenti in Italia. Ogni fondazione, infatti, ha avuto una storia di governance, una dimensione e un'evoluzione a sè stanti. Complice una legge che, secondo Negri-Clementi, si è dimostrata «a volte lacunosa».
Era il 1990 e la legge Amato, in seguito ai processi di liberalizzazione promossi dalla Ce, trasformava le banche pubbliche in spa private, permettendo loro di generare delle fondazioni cui trasferire tutte le attività not for profit. Nel 1998, la legge delega Ciampi torna sulla materia. Affermando la natura privata delle fondazioni bancarie e inibendole dallo svolgere attività di impresa. Lo spirito della legge Ciampi-Amato era quello di invitare le fondazioni a dismettere le azioni delle banche e agire solo come enti not for profit. Ma le direttive sono rimaste vaghe. E ogni fondazione «è rimasta sola a tracciare il suo destino - commenta il presidente di Argis -. Una scelta pericolosa considerando che, persino quando c'è certezza normativa, il particolarismo prende il sopravvento e la legge viene aggirata».
Se ancora non ci sono avvisaglie di svolte normative, un passo in avanti, con la Carta delle Fondazioni, è stato fatto «per abbattere le resistenze particolari - afferma Guzzetti - in nome di un più alto livello di interazione sociale». In particolare, nella parte dedicata alla governance, la Carta, pur ribadendo l'innegabile e necessario legame tra fondazione e territorio, afferma con nettezza che i componenti degli organi devono essere selezionati per le loro indubbie qualità personali e professionali e non devono agire in quanto rappresentanti degli enti designati. Un equilibrio da raggiungere tramite regole autonome, di cosiddetta "soft law". D'altronde la stessa Carta, non avendo valore normativo, altro non può costituire se non linee guida di autodisciplina.
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