Dopo il richiamo sui profili di incostituzionalità del decreto legislativo Rinnovabili (il cosiddetto decreto Romani), gli investitori stranieri si attivano con una lettera alle Autorità perché il decreto viola gli obblighi nascenti dal Trattato di promozione e tutela degli investimenti previsto dall’Articolo 10 del Trattato sulla Carta dell’Energia firmato a Lisbona il 17 dicembre 1994.
I sottoscrittori della lettera inviata alla presidenza della Repubblica e ai ministeri dello Sviluppo economico, dell'Ambiente e alla Conferenza Stato-Regioni sono: Sungem Subserfinco, Agri Subserfinco, Solarwatt, Energie Wasser Bern - Partner von Swisspower, Grupo Gransolar, Voigt, Aes Solar Energy, Aerospace Photovoltaic e Fotowatio. Hanno avviato in Italia svariati investimenti nel settore dell’energia solare, in particolare nello sviluppo di impianti fotovoltaici a terra per oltre 1,7 miliardi di euro.
Assistiti da Germana Cassar, partner di Macchi di Cellere Gangemi (in foto), e da Carlo Montella, socio di Orrick Herrington & Sutcliff, hanno rilevato che il termine di un anno per l’entrata in esercizio degli impianti fotovoltaici è troppo breve in quanto non tiene in considerazione che l’entrata in esercizio degli impianti connessi in alta tensione è stimabile in circa 16 mesi e che il rispetto del termine è influenzato da circostanze indipendenti dalla volontà dell’investitore/produttore in quanto soggetto all’intervento del gestore della rete (cioè il collegamento alla rete pubblica e collaudi da parte di Enel S.p.A./Terna S.p.A.) rispetto al quale non vi è alcuna protezione dal rischio di ritardo.
Inoltre - rilevano gli scriventi - non vi è certezza sul ritorno dell’investimento e garanzia di redditività per gli impianti fotovoltaici in costruzione la cui entrata in esercizio è prevista successivamente al 31 maggio 2011.
Nella lettera si evidenzia, inoltre, che le previsioni normative contenute nel decreto Romani costituiscono una violazione degli obblighi nascenti dal Trattato di promozione e tutela degli investimenti previsto dal Trattato firmato a Lisbona il 17 dicembre 1994. Gli investitori auspicano quindi che le amministrazioni si attivino per modificare, con sollecitudine, le previsioni normative in modo da non pregiudicare gli investimenti già intrapresi consentendone il completamento. Gli investitori sono anche pronti ad adire i giudici, ove le loro richieste rimanessero inascoltate.
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