Salone del risparmio - Kpmg

Risparmio gestito e fiscalità: meglio i titoli di Stato

Allineare il regime fiscale dei prodotti italiani a quello comunitario ha favorito i titoli di Stato emessi da Paesi white list, da fondi comunitari che investono in titoli di stato e da Cassa depositi e prestiti

31-03-2015

Risparmio gestito e fiscalità: meglio i titoli di Stato

di Maria Buonsanto

L’eterogeneità della disciplina fiscale relativa sia ai diversi prodotti finanziari sia ai player dell’asset management, può determinare effetti distorsivi sulle scelte degli intermediari e dei risparmiatori. In questa prospettiva, nel corso dell’annuale appuntamento con il Salone del Risparmio svoltosi dal 25 al 27 marzo a Milano, Kpmg, in collaborazione con TopLegal, ha organizzato il convegno «La fiscalità dei prodotti del risparmio gestito: una guida per i risparmiatori». Un’occasione per mettere a confronto  insieme agli associate partner della Big Four Sabrina Navarra e Stefano Rota affiancati dal Direttore Generale di AcomeA Sgr Daniele Cohen – la fiscalità dei principali prodotti offerti dall’industria del risparmio gestito per consentire agli investitori di scegliere in modo consapevole come investire i propri risparmi.

Il quadro normativo fiscale in cui si muovono i prodotti del risparmio gestito, come spesso accade in Italia, è una giungla normativa in continuo mutamento. A partire da luglio 2011, quando è avvenuta la Riforma della tassazione dei fondi comuni d’investimento di diritto italiano per allineare la situazione a quella degli omologhi prodotti comunitari. Successivamente a quella Riforma, lo Stato  – in parte obbligato ad adeguarsi agli sviluppi europei per evitare regimi discriminatori tra prodotti comunitari (come nel caso della Tobin Tax sulla tassazione anche di transazioni con oggetto i titoli azionari) e in parte per esigenze di gettito interno – ha introdotto una serie di novità. Tra queste: l’unificazione delle aliquote, l’imposta di bollo sul valore rendicontato (mini patrimoniale), l’attuazione della direttiva sui fondi alternativi e, nel 2014, l’importante novità della semplificazione sulle modalità di determinazione dei proventi realizzati in caso di riscatto, liquidazione o cessione delle quote o azioni su cui va applicata la ritenuta o l’imposizione in dichiarazione.

Prima era previsto che il reddito imponibile dato dalla differenza tra il valore di riscatto, liquidazione o cessione delle quote e il costo medio ponderato di sottoscrizione/acquisto doveva essere determinato assumendo quale valore di sottoscrizione o acquisto il Net Asset Value (Nav), vale a dire il valore risultante dai prospetti periodici al momento di sottoscrizione/acquisto. Adesso invece «il costo di acquisto deve essere documentato dal partecipante e, in mancanza della documentazione, il costo è documentato con una dichiarazione sostitutiva». 
Da ciò deriva che, in particolare per i fondi quotati, in cui la differenza tra Nav e costo di acquisto o vendita è pressoché fisiologica, il risultato positivo tra costo di acquisto e valore di cessione/rimborso è da considerarsi integralmente reddito di capitale (e non più plusvalenza).

Tutti i cambiamenti fiscali posti in essere hanno creato un fortissimo scollamento tra i fondi armonizzati e quelli cosiddetti non armonizzati. I primi, conformi alla direttiva 2009/65/CE, sono istituiti in Paesi Ue o dello Spazio economico europeo «white list» o «vigilati», in quanto, pur se non conformi alla citata direttiva, il gestore è soggetto a forme di vigilanza nel Paese estero nel quale è istituito. I proventi derivanti da fondi «armonizzati» o con gestori «vigilati» scontano la tassazione del 26% a partire dallo scorso 1 luglio sotto forma di ritenuta (a titolo di imposta se trattasi di persone fisiche, o a titolo di acconto se si tratta di imprese) in presenza di intermediario finanziario italiano, oppure sotto forma di imposta sostitutiva da liquidare direttamente nel Modello Unico. I proventi derivanti da fondi non armonizzati o comunque diversi dai precedenti, invece, scontano una tassazione progressiva, concorrendo a formare il reddito imponibile del contribuente, da riportare nel rigo RL2 del Modello Unico.

A valle di questa serie di interventi in materia fiscale, da quanto emerso nel corso del convegno di Kpmg, per gli investitori i regimi fiscali più convenienti risultano, ad oggi, quelli applicati ai titoli di Stato italiani o di altro Paese white list; oppure quelli sui fondi comunitari non armonizzati che però investono nei titoli di Stato; o, infine, quelli applicati a titoli emessi da Cassa Depositi e Prestiti. In quest’ultimo caso, tuttavia, a differenza dei primi due, non è ancora chiaro se – oltre a godere di una tassazione agevolata – si estendano i benefici anche in caso di cessione dei titoli.

Non risulterebbero, invece, convenienti i prodotti soggetti ad aliquota progressiva. Ma, come hanno precisato i relatori, questa è una regola che vale solo in linea generale. Ogni situazione, infatti, va analizzata caso per caso.

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