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RISPONDE L'ITALIAN DESK

Chiusa la stagione degli sbarchi in Italia, le law firm internazionali si attrezzano con Italian desk per creare nuovi modelli di offerta. Partnership di business, esternalizzazione delle funzioni in-house e triangolazioni con paesi terzi tra le proposte più apprezzate dai clienti

01-02-2014

RISPONDE L'ITALIAN DESK

L’Italia, da tempo, non è più meta d’approdo per le grandi law firm internazionali . Ma ciò non vuol dire che non ci sia interesse nei confronti del business proveniente dal Belpaese. Ne è prova la recente classifica stilata da Thomson Reuters sulle principali opera­zioni di m& a italiane portate a termine nel corso del 2013. Scorrendo la lista è interes­sante notare come figurino solo sei insegne tricolore nel primo quartile in confronto a 19 law firm straniere che mettono in cassa i ricavi ge­nerati dal business nostrano. E di queste 19, ben otto non hanno una presenza in Italia. Figurano, infatti, i nomi de­gli studi americani Arnold & Porter, Sullivan & Cromwell e Skadden Arps Slate Meagher & Flom, gli inglesi Herbert Smith, gli spagno­li Uría Menéndez, i francesi De Pardieu Brocas Maffei, gli olandesi De Brauw Blackstone Westbroek e, infine, gli sviz­zeri Homburger. In altre paro­le, nella classifica compaiono più studi senza sede in Italia di insegne italiane.

Le realtà estere hanno, quin­di, capito che si può operare in Italia senza far gravare sulla struttura i costi richiesti da una presenza diretta. La risposta più immediata a questa neces­sità è la costituzione di Italian desk presso sedi oltreconfine. 


L’Italia servita oltremanica 

Londra, centro della finanza europea, da sempre costituisce un hub privilegiato per operare attraverso Italian desk nei set­tori capital markets (equity e debt) ed m& a. Da oltre un ven­tennio, lavora oltremanica con clienti italiani Skadden Arps. Il desk, che conta sei profes­sionisti (due soci, due counsel e due collaboratori), tra il 2012 e il 2013 è stato advisor di otto grandi operazioni m& a italia­ne, per un valore complessivo di 11,3 miliardi di dollari. Tra le ultime, la vendita di Gentium a Pharmacueuticals e l’acquisi­zione da parte di Generali del 49 percento di Ge­nerali Ppf Holding. Operazio­ni che gli sono valse il quinto posto nella classifica Thomson Reuters. In precedenza, la squadra aveva gestito le rela­zioni internazionali di SEAT Pagine Gialle per la procedura di concordato preventivo e ha af­fiancato Brunello Cucinelli in­sieme a Nctm per l’ammissione in Borsa Italiana.

Una practice italiana a Londra è appetibile anche per gli ameri­cani, che per affinità linguistica e culturale scelgono di utilizza­re la City come ponte per inter­cettare il business proveniente dall’Italia. Tra i lateral più re­centi che hanno movimentato i flussi in entrata e in uscita nel­le sedi londinesi delle law firm americane c’è l’ingresso, datato giugno 2013, di Chiara del Frate come special counsel di K&L Gates, che è stata anche l’ulti­ma delle insegne americane a sbarcare in Italia, attraverso la fusione nel febbraio 2012 con Marini Salsi Picciau. A partire dal 2011, invece, a presidiare da Londra la practice italiana dello statunitense Brown Rudnick è Massimo Galli, che tra i clienti annovera F2i, IGD Immobiliare Grande Distribuzione, Ilapak, Mediobanca, Pramac e Savino del Bene. Pur contando solo su Galli e su un numero di colla­boratori variabile e non esclu­sivamente dedicato alla prac­tice italiana, il desk collabora assiduamente con diversi studi: Chiomenti, Lombardi Molinari Segni, Gianni Origoni Grippo Cappelli & partners, Pavia e Ansaldo, Bonelli Erede Pappalardo e Carnelutti.


In Usa vince la business partnership 
Se lo studio americano Brown Rudnick ha scelto di presidia­re il mercato italiano da Lon­dra, ci sono studi americani che hanno optato, invece, per l’apertura di un Italian desk oltreoceano. Sheppard Mullin Richter & Hampton nel 2006 ha messo a capo della practice italiana con sede a Washing­ton Dc Lucantonio Salvi, che aveva già sviluppato un desk focalizzato sull’Italia per Latham & Watkins. Nel 2012, Sheppard Mullin ha seguito Parmalat per gli aspetti di di­ritto americano nell’acquisi­zione da parte di Lactalis.

A distanza di due anni dall’a­pertura dell’Italian practice, guidata da Giuliano Iannaccone, anche lo studio americano con base a New York Tarter Krinsky & Drogin ha deciso di ampliarne la portata, tra­sformando lo scorso aprile la divisione dedicata alla cliente­la italiana in un vero e proprio Italian desk, a cui fanno riferi­mento altri tre professionisti.

Sempre in aprile ad essere raf­forzato a New York è stato l’Ita­lian desk di Greenberg Traurig – nato nel 2005 con la costitu­zione dell’alleanza strategica con lo studio Santa Maria – che ha visto l’ingresso di Gabriel Monzon-Cortarelli in qualità di co­responsabile dell’Italian desk in­sieme a Luigi Santa Maria.
Restando nella Grande Mela, non di Italian desk ma di vera e propria boutique italiana all’este­ro si può parlare per Altieri Esposito & Minoli. Attivo dal 2006, lo studio ha tre partner: Gianluigi Esposito, Richard Altieri ed Eugenio Minoli, che si avvalgo­no di tre collaboratori. Specializ­zato in diritto societario ed m&a, luxury & fashion e investimenti diretti, lo studio – così come la maggior parte degli Italian desk presenti all’estero – lavora sia con le pmi e le start-up sia con le grandi aziende, soprattutto nel settore moda. «Mentre le gran­di società richiedono un servi­zio estremamente mirato e una consulenza meramente tecnica, per le pmi il discorso cambia. Bisogna diventare loro partner di business», commenta Gianlu­igi Esposito, già fondatore della sede newyorkese di Chiomenti, dalla quale si distaccò nel 2006 per giocare da libero. E continua: «Diventare partner di business talvolta richiede anche la con­divisione dei rischi economici». Una logica che rispecchia una cultura diversa di fare business legale tipicamente americana. Basti pensare al modus operandi di una delle principali insegne californiane, Wilson Sonsini Goodrich & Rosati, specializzata in technology e life sciences, che in più di un caso ha deciso di ac­quisire una partecipazione azio­naria, entrando a tutto tondo nel business del cliente. 


Il desk come general counsel esterno 
Questa cultura più fluida e meno ancorata a schemi rigi­di tipicamente americana si rintraccia anche in Europa. In particolare, in Germania, dove i rapporti che regolano la consulenza esterna sono meno standardizzati rispetto all’Italia. Tanto che non è in­consueto che l’advisor possa legarsi al cliente, anche solo temporaneamente, in qualità di outside general counsel. È la tipologia di rapporti di cui parla a TopLegal Eckart Petzold, partner dello stu­dio tedesco GSK Stockmann+Kollegen e responsabile dal 2005 dell’Italian desk, che conta su 11 professionisti e nel Belpaese lavora in col­laborazione con Nunziante Magrone. Petzold spiega a TopLegal, parlando dell’as­sistenza prestata a Caffita System, azienda operante nella fornitura di capsule per il caffè nata come spin- off di Saeco, che « l’assistenza continuativa alla società si è trasformata in un rapporto che ha convogliato nella mia figura, seppur senza alcuna formalizzazione, il ruolo di legale di riferimento per tutti i rapporti internazionali con i quali Caffitaly genera il 90% del proprio fatturato ». In altre parole, una sorta di general counsel estero.

Parlando, invece, dei rapporti tra Italia e Germania, Petzold li definisce «rapporti particolarmente complessi, che – seppur in maniera discontinua – hanno legato i due Paesi a doppio filo». Advisor di clienti come Eni, Ansaldo Energia, Ansaldo Sts e Finmeccanica nonché di azien­de medio-grosse e di famiglia, Petzold spiega che «dal 2008 al 2010 si è assistito a un calo degli investimenti, a cui è seguita una ripresa, la cui durata è difficile dire fino a quando continuerà ». 


Le triangolazioni di business 
Per evitare il pericolo che il business legato all’Italian desk possa esaurirsi, ci sono studi che sfruttano la loro presen­za in diverse giurisdizioni per effettuare delle vere e proprie triangolazioni, in cui l’Italian desk diventa punto di snodo tra il cliente italiano e una giu­risdizione terza. Tra questi, c’è il tedesco Meyer Reuman, il cui Italian desk è retto da Marco Zucco. Consulente di aziende di tutte le dimensioni – con prevalenza di quelle che fattu­rano tra i 10 ed i 150 milioni di euro – e operanti in vari set­tori (oil & gas, infrastrutture, manufacturing, trading, retail, consulenza), Meyer Reuman ha deciso di cavalcare l’atten­zione emiratina nei confronti dell’Europa in generale; e del made in Italy in particolare. Sfruttando anche la tradizio­nale presenza italiana in quella regione, legata al settore energy e infrastructure, sovraintende i rapporti tra i clienti italiani e gli investitori emiratini.

La stessa strategia muove le fila di altri studi europei. Il primato per giurisdizioni in cui opera il suo Italian desk va all’austriaco Schoenherr, che dall’aprile del 2008 ha inaugu­rato la practice italiana sotto il coordinamento di Daniele Iacona, che opera in Roma­nia, Bulgaria, Moldova, Polo­nia, Repubblica Ceca, Serbia, Slovenia e Turchia. « Lavora­re in giurisdizioni diverse ti permette di diversificare il ri­schio e di cavalcare ogni anno i diversi trend offerti dai paesi in cui l’Italian desk opera », spiega Iacona.

Utilizzando Parigi come snodo per coordinare gli in­teressi dei loro clienti anche in altre giurisdizioni – come nel Nord Africa francofono – i francesi di L&P Avocats, che hanno creato l’Italian desk nel 2010, quando Sadreddine RachidSimona Matta, ex Macchi di Cellere Gangemi, sono entra­te come socie. A puntare sulle triangolazioni in Brasile sono, invece, i portoghesi di Plmj.

Mentre gli spagnoli di Garrigues Abogados y Asesores Tributarios, la cui practice italiana è guidata da Claudio Doria
puntano all’America Latina. Il desk – che con 16 professioni­sti dedicati, di cui 6 soci, rap­presenta la maggiore squadra italiana estera – è stato creato più di 10 anni fa per seguire i clienti italiani già stabiliti in Spagna o che erano interes­sati ad avere una presenza in Spagna o in America Latina. In alcune battute scambiate con TopLegal, anche Doria, al pari di Esposito e Petzold, sottolinea che a volte il desk viene percepito più come una direzione affari legali interna che come un advisor esterno. E spiega: « Il desk è stato pen­sato anche come uno stru­mento per dare appoggio ai clienti spagnoli, con vocazione d’investimento in Italia, che, per le loro dimensioni o per la loro struttura interna o per le esigenze del momento, ave­vano bisogno di un interlocu­tore legale spagnolo in grado di guidarli nei contatti e nelle trattative, interagendo con gli avvocati ed altri professioni­sti italiani come un in- house counsel ». Sottolineando che il 75% delle aziende italiane con cui si relaziona in Spagna sono costituite da piccole medie imprese, non nasconde la dif­ficoltà che a volte si incontra a interfacciarsi con loro. « Non sempre – dice – si ha come in­terlocutore un avvocato o un commercialista. Molto spesso si parla direttamente con gli imprenditori e questo pone alcuni problemi che la sempli­ce comunione linguistica non può colmare ». In altre parole, per quanto profittevole e van­taggioso da un punto di vista di risparmio sui costi possa es­sere, servire l’Italia dall’estero non è esente da criticità.

Articolo pubblicato in TopLegal febbraio 2014

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