L’Italia, da tempo, non è più meta d’approdo per le grandi law firm internazionali . Ma ciò non vuol dire che non ci sia interesse nei confronti del business proveniente dal Belpaese. Ne è prova la recente classifica stilata da Thomson Reuters sulle principali operazioni di m& a italiane portate a termine nel corso del 2013. Scorrendo la lista è interessante notare come figurino solo sei insegne tricolore nel primo quartile in confronto a 19 law firm straniere che mettono in cassa i ricavi generati dal business nostrano. E di queste 19, ben otto non hanno una presenza in Italia. Figurano, infatti, i nomi degli studi americani Arnold & Porter, Sullivan & Cromwell e Skadden Arps Slate Meagher & Flom, gli inglesi Herbert Smith, gli spagnoli Uría Menéndez, i francesi De Pardieu Brocas Maffei, gli olandesi De Brauw Blackstone Westbroek e, infine, gli svizzeri Homburger. In altre parole, nella classifica compaiono più studi senza sede in Italia di insegne italiane.
Le realtà estere hanno, quindi, capito che si può operare in Italia senza far gravare sulla struttura i costi richiesti da una presenza diretta. La risposta più immediata a questa necessità è la costituzione di Italian desk presso sedi oltreconfine.
L’Italia servita oltremanica
Londra, centro della finanza europea, da sempre costituisce un hub privilegiato per operare attraverso Italian desk nei settori capital markets (equity e debt) ed m& a. Da oltre un ventennio, lavora oltremanica con clienti italiani Skadden Arps. Il desk, che conta sei professionisti (due soci, due counsel e due collaboratori), tra il 2012 e il 2013 è stato advisor di otto grandi operazioni m& a italiane, per un valore complessivo di 11,3 miliardi di dollari. Tra le ultime, la vendita di Gentium a Pharmacueuticals e l’acquisizione da parte di Generali del 49 percento di Generali Ppf Holding. Operazioni che gli sono valse il quinto posto nella classifica Thomson Reuters. In precedenza, la squadra aveva gestito le relazioni internazionali di SEAT Pagine Gialle per la procedura di concordato preventivo e ha affiancato Brunello Cucinelli insieme a Nctm per l’ammissione in Borsa Italiana.
Una practice italiana a Londra è appetibile anche per gli americani, che per affinità linguistica e culturale scelgono di utilizzare la City come ponte per intercettare il business proveniente dall’Italia. Tra i lateral più recenti che hanno movimentato i flussi in entrata e in uscita nelle sedi londinesi delle law firm americane c’è l’ingresso, datato giugno 2013, di Chiara del Frate come special counsel di K&L Gates, che è stata anche l’ultima delle insegne americane a sbarcare in Italia, attraverso la fusione nel febbraio 2012 con Marini Salsi Picciau. A partire dal 2011, invece, a presidiare da Londra la practice italiana dello statunitense Brown Rudnick è Massimo Galli, che tra i clienti annovera F2i, IGD Immobiliare Grande Distribuzione, Ilapak, Mediobanca, Pramac e Savino del Bene. Pur contando solo su Galli e su un numero di collaboratori variabile e non esclusivamente dedicato alla practice italiana, il desk collabora assiduamente con diversi studi: Chiomenti, Lombardi Molinari Segni, Gianni Origoni Grippo Cappelli & partners, Pavia e Ansaldo, Bonelli Erede Pappalardo e Carnelutti.
In Usa vince la business partnership
Se lo studio americano Brown Rudnick ha scelto di presidiare il mercato italiano da Londra, ci sono studi americani che hanno optato, invece, per l’apertura di un Italian desk oltreoceano. Sheppard Mullin Richter & Hampton nel 2006 ha messo a capo della practice italiana con sede a Washington Dc Lucantonio Salvi, che aveva già sviluppato un desk focalizzato sull’Italia per Latham & Watkins. Nel 2012, Sheppard Mullin ha seguito Parmalat per gli aspetti di diritto americano nell’acquisizione da parte di Lactalis.
A distanza di due anni dall’apertura dell’Italian practice, guidata da Giuliano Iannaccone, anche lo studio americano con base a New York Tarter Krinsky & Drogin ha deciso di ampliarne la portata, trasformando lo scorso aprile la divisione dedicata alla clientela italiana in un vero e proprio Italian desk, a cui fanno riferimento altri tre professionisti.
Sempre in aprile ad essere rafforzato a New York è stato l’Italian desk di Greenberg Traurig – nato nel 2005 con la costituzione dell’alleanza strategica con lo studio Santa Maria – che ha visto l’ingresso di Gabriel Monzon-Cortarelli in qualità di coresponsabile dell’Italian desk insieme a Luigi Santa Maria.
Restando nella Grande Mela, non di Italian desk ma di vera e propria boutique italiana all’estero si può parlare per Altieri Esposito & Minoli. Attivo dal 2006, lo studio ha tre partner: Gianluigi Esposito, Richard Altieri ed Eugenio Minoli, che si avvalgono di tre collaboratori. Specializzato in diritto societario ed m&a, luxury & fashion e investimenti diretti, lo studio – così come la maggior parte degli Italian desk presenti all’estero – lavora sia con le pmi e le start-up sia con le grandi aziende, soprattutto nel settore moda. «Mentre le grandi società richiedono un servizio estremamente mirato e una consulenza meramente tecnica, per le pmi il discorso cambia. Bisogna diventare loro partner di business», commenta Gianluigi Esposito, già fondatore della sede newyorkese di Chiomenti, dalla quale si distaccò nel 2006 per giocare da libero. E continua: «Diventare partner di business talvolta richiede anche la condivisione dei rischi economici». Una logica che rispecchia una cultura diversa di fare business legale tipicamente americana. Basti pensare al modus operandi di una delle principali insegne californiane, Wilson Sonsini Goodrich & Rosati, specializzata in technology e life sciences, che in più di un caso ha deciso di acquisire una partecipazione azionaria, entrando a tutto tondo nel business del cliente.
Il desk come general counsel esterno
Questa cultura più fluida e meno ancorata a schemi rigidi tipicamente americana si rintraccia anche in Europa. In particolare, in Germania, dove i rapporti che regolano la consulenza esterna sono meno standardizzati rispetto all’Italia. Tanto che non è inconsueto che l’advisor possa legarsi al cliente, anche solo temporaneamente, in qualità di outside general counsel. È la tipologia di rapporti di cui parla a TopLegal Eckart Petzold, partner dello studio tedesco GSK Stockmann+Kollegen e responsabile dal 2005 dell’Italian desk, che conta su 11 professionisti e nel Belpaese lavora in collaborazione con Nunziante Magrone. Petzold spiega a TopLegal, parlando dell’assistenza prestata a Caffita System, azienda operante nella fornitura di capsule per il caffè nata come spin- off di Saeco, che « l’assistenza continuativa alla società si è trasformata in un rapporto che ha convogliato nella mia figura, seppur senza alcuna formalizzazione, il ruolo di legale di riferimento per tutti i rapporti internazionali con i quali Caffitaly genera il 90% del proprio fatturato ». In altre parole, una sorta di general counsel estero.
Parlando, invece, dei rapporti tra Italia e Germania, Petzold li definisce «rapporti particolarmente complessi, che – seppur in maniera discontinua – hanno legato i due Paesi a doppio filo». Advisor di clienti come Eni, Ansaldo Energia, Ansaldo Sts e Finmeccanica nonché di aziende medio-grosse e di famiglia, Petzold spiega che «dal 2008 al 2010 si è assistito a un calo degli investimenti, a cui è seguita una ripresa, la cui durata è difficile dire fino a quando continuerà ».
Le triangolazioni di business
Per evitare il pericolo che il business legato all’Italian desk possa esaurirsi, ci sono studi che sfruttano la loro presenza in diverse giurisdizioni per effettuare delle vere e proprie triangolazioni, in cui l’Italian desk diventa punto di snodo tra il cliente italiano e una giurisdizione terza. Tra questi, c’è il tedesco Meyer Reuman, il cui Italian desk è retto da Marco Zucco. Consulente di aziende di tutte le dimensioni – con prevalenza di quelle che fatturano tra i 10 ed i 150 milioni di euro – e operanti in vari settori (oil & gas, infrastrutture, manufacturing, trading, retail, consulenza), Meyer Reuman ha deciso di cavalcare l’attenzione emiratina nei confronti dell’Europa in generale; e del made in Italy in particolare. Sfruttando anche la tradizionale presenza italiana in quella regione, legata al settore energy e infrastructure, sovraintende i rapporti tra i clienti italiani e gli investitori emiratini.
La stessa strategia muove le fila di altri studi europei. Il primato per giurisdizioni in cui opera il suo Italian desk va all’austriaco Schoenherr, che dall’aprile del 2008 ha inaugurato la practice italiana sotto il coordinamento di Daniele Iacona, che opera in Romania, Bulgaria, Moldova, Polonia, Repubblica Ceca, Serbia, Slovenia e Turchia. « Lavorare in giurisdizioni diverse ti permette di diversificare il rischio e di cavalcare ogni anno i diversi trend offerti dai paesi in cui l’Italian desk opera », spiega Iacona.
Utilizzando Parigi come snodo per coordinare gli interessi dei loro clienti anche in altre giurisdizioni – come nel Nord Africa francofono – i francesi di L&P Avocats, che hanno creato l’Italian desk nel 2010, quando Sadreddine Rachid e Simona Matta, ex Macchi di Cellere Gangemi, sono entrate come socie. A puntare sulle triangolazioni in Brasile sono, invece, i portoghesi di Plmj.
Mentre gli spagnoli di Garrigues Abogados y Asesores Tributarios, la cui practice italiana è guidata da Claudio Doria, puntano all’America Latina. Il desk – che con 16 professionisti dedicati, di cui 6 soci, rappresenta la maggiore squadra italiana estera – è stato creato più di 10 anni fa per seguire i clienti italiani già stabiliti in Spagna o che erano interessati ad avere una presenza in Spagna o in America Latina. In alcune battute scambiate con TopLegal, anche Doria, al pari di Esposito e Petzold, sottolinea che a volte il desk viene percepito più come una direzione affari legali interna che come un advisor esterno. E spiega: « Il desk è stato pensato anche come uno strumento per dare appoggio ai clienti spagnoli, con vocazione d’investimento in Italia, che, per le loro dimensioni o per la loro struttura interna o per le esigenze del momento, avevano bisogno di un interlocutore legale spagnolo in grado di guidarli nei contatti e nelle trattative, interagendo con gli avvocati ed altri professionisti italiani come un in- house counsel ». Sottolineando che il 75% delle aziende italiane con cui si relaziona in Spagna sono costituite da piccole medie imprese, non nasconde la difficoltà che a volte si incontra a interfacciarsi con loro. « Non sempre – dice – si ha come interlocutore un avvocato o un commercialista. Molto spesso si parla direttamente con gli imprenditori e questo pone alcuni problemi che la semplice comunione linguistica non può colmare ». In altre parole, per quanto profittevole e vantaggioso da un punto di vista di risparmio sui costi possa essere, servire l’Italia dall’estero non è esente da criticità.
Articolo pubblicato in TopLegal febbraio 2014
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