Meno conosciuto del fintech, ma altrettanto attraente per la consulenza legale. È l’insurtech, l'insieme di tecnologie e strumenti atti ad aumentare l’efficienza e l’efficacia dei prodotti assicurativi. Il comparto ha già stuzzicato la discesa in campo di colossi dell’innovazione come Amazon, Facebook e Google. Negli ultimi tre anni si sono quintuplicati gli investimenti in start up e società che sviluppano soluzioni per l’industria assicurativa, sia da parte di fondi di venture capital, sia da parte delle stesse compagnie assicurative, attraverso i propri fondi di corporate venture capital. Nel 2018 si parla di cifre superiori ai due miliardi di dollari. L’importanza del settore, anche in Italia, si evince dall’interesse mostrato dai grandi studi. L’operazione di venture capital sulla start up Yolo, specializzata nella distribuzione di prodotti assicurativi in tempo reale, è stata per esempio seguita da Lca e Gianni Origoni Grippo Cappelli.
Applicazioni, software, big data, intelligenza artificiale, blockchain, cyber security. Sono questi i protagonisti del nuovo modo di produrre, gestire e distribuire servizi e prodotti assicurativi ai clienti, che impone a tutti gli operatori della filiera assicurativa — advisor legali inclusi — di confrontarsi e operare in un contesto industriale mutato per sempre. Dalla gestione dei rischi agli smart contract, passando dalla personalizzazione del contratto alla gestione del sinistro, che — almeno per alcune tipologie di prodotti — sarà automatizzata. Per finire con la distribuzione, in cui le app prenderanno importanti quote di mercato.
Tutto questo, però, da un punto di vista legislativo non è ancora stato del tutto regolamentato. Come spesso accade quando si parla di tecnologia, infatti, i suoi prodotti e gli impatti corrono molto più velocemente della norma. Soprattutto in settori come banche e assicurazioni, che sono state tra le industrie più lente nell’affrontare il tema della digitalizzazione.
Tra etica e legge
Uno dei motori alla base del fenomeno insurtech è la capacità di accedere a maggiori e migliori dati, ottenuta in gran parte grazie all’Internet of Things. E consente alle compagnie assicurative di creare e proporre alla clientela prodotti personalizzati, costruiti in base alle esigenze degli assicurati sia nel ramo danni che nel ramo vita. In merito, secondo il managing partner di Dla Piper, Bruno Giuffrè: «stiamo seduti su una quantità infinita di dati che non sappiamo ancora utilizzare. Quando ciò accadrà, vi saranno implicazioni etiche e legali inimmaginabili. Basti pensare, ad esempio, alla complessità che sta dietro la possibilità di personalizzare le polizze sanitarie sulla base della raccolta dati tramite smart watch e altra tecnologia wearable, in grado di tracciare lo stile di vita che il soggetto assicurato conduce » .
Un altro esempio di assicurazione personalizzata sulla base della raccolta dati riguarda il settore auto. Con i sensori all’interno del veicolo, le cosiddette black box su cui molte compagnie assicurative stanno già investendo, gli assicuratori possono davvero sapere come guida una persona, calibrando i rischi, e di conseguenza i costi, allo stile di guida. «Peraltro — evidenzia Giuffrè —questo non solo serve a personalizzare la polizza, ma costituisce un efficace sistema antifrode in un settore, quello dell’Rc Auto, notoriamente afflitto dal fenomeno delle frodi».
Le novità nel settore assicurativo auto non si limitano a questo. Un altro impatto dirompente della tecnologia è dato dall’arrivo delle driverless car, che porta il problema di individuare la responsabilità civile o da prodotto. Ogni grande casa automobilistica sta lavorando sulla guida senza conducente. Ma a monte c'è anche una battaglia legislativa incombente. Come sottolinea Matteo Cerretti, partner di Dwf, «per rimodellare il sistema Rc Auto nell’ambito del nuovo scenario sono tanti i nodi da sciogliere dal punto di vista normativo. Per esempio, la responsabilità ricadrà sulle case automobilistiche, sui possessori dell’auto o sugli ingegneri del software? Tutto è ancora da stabilire». In merito a questo tema, i legislatori navigano a vista tanto in Italia quanto nel resto del mondo. Quindi, secondo Cerretti, da un punto di vista legale si apre uno scenario di intensa pareristica, in cui sarà fondamentale l’attività di interpretazione dei tecnici del diritto, che dovranno in parte ricondurre la nuova fattispecie all’esistente e, in parte, formulare una nuova dottrina. «Su questo fronte — spiega Cerretti — il Regno Unito è un passo avanti e sembra destinato ad essere il primo paese a regolamentare il settore con una disciplina che stabilisca con chiarezza le responsabilità dell’assicuratore e del costruttore. Anche in Germania sono state introdotte di recente parziali novità legislative, seppur ancora tutte da verificare nella loro pregnanza all'atto pratico. La sfida è in ogni caso quella di riuscire a mantenere una coerenza di disciplina a livello europeo per consentire la libera circolazione delle persone e dei servizi come caposaldo dell’Unione».
Contratti intelligenti
Una nuova categoria legale creata in ambito insurtech sono gli smart contract, cioè contratti intelligenti, vale a dire software sviluppati ed eseguiti all’interno di un sistema blockchain. Molte insurtech stanno investendo in blockchain. E nascono nuovi player come la newyorkese Lemonade, una piattaforma capace di offrire un prodotto istantaneo e smart, che utilizza un algoritmo per pagare le richieste il prima possibile, quando vengono soddisfatte le condizioni presenti negli smart contract. Creata nel 2015, ha già battuto un record sulla gestione dei claim: un cliente lo ha risolto in 3 secondi. E questo non è certo l’unico punto a favore degli smart contract. «Gli smart contract consentiranno di costruire un servizio più efficiente grazie alla possibilità di ridurre le frodi, di tarare al meglio i prezzi e migliorare la velocità d'esecuzione, nonché grazie alla gestione più appropriata dei sinistri. Tutti vantaggi dovuti al fatto che la tecnologia oggettivizza – afferma Luca Zitiello, name partner dell'omonimo studio – inoltre, potranno esserci indiscusse ripercussioni in tema di compliance. In un momento di ipercompliance come quello che stiamo vivendo, la tracciabilità del processo consentita dagli smart contract fornisce un assist importante a favore della trasparenza».
La tecnologia blockchain e gli smart contract hanno il potere di far compiere alle assicurazioni un salto in una nuova era. Anche in termini di potenzialità di copertura assicurativa. Si pensi ai nuovi modelli di micro assicurazioni e polizze istantanee, stipulate in tempo reale per soddisfare i modelli di utilizzo e di comportamento dei singoli utenti. Si va quindi verso la creazione di prodotti per microeventi e verso l’esigenza di rispondere a bisogni contestuali e, molto spesso, immediati. Ma questo mette in discussione gli stessi principi su cui si incardina il settore assicurativo. A evidenziarlo è Emanuele Grippo, partner di Gianni Origoni Grippo Cappelli: «Le coperture granulari permettono una migliore esperienza del consumatore, segmentando il prodotto, per esempio assicurando un veicolo solo per un determinato tragitto e solo per un lasso temporale ben determinato. Questo, però, fa venire meno il principio stesso su cui si è sorretto finora il mondo assicurativo: la mutualità. Le assicurazioni si sono sempre basate sul trasferimento del rischio in capo a più soggetti, per cui pagano tutti a seconda di un calcolo probabilistico. Segmentando il prodotto, invece, rendi difficile l’applicazione del principio di mutualità perché diminuisce la massa critica di soggetti interessati a quel determinato prodotto».
La versione integrale dell'approfondimento è consultabile su E-edicola, numero di giugno-luglio 2019 di TopLegal Review.
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