di Valentina Magri
L’avvento dell’intelligenza artificiale negli studi legali mi ricorda quello del fintech e dei robo-advisor nel settore finanziario. La reazione iniziale di banche e consulenti finanziari è stata di smarrimento e paura nei confronti del cambiamento, con gli operatori tradizionali nei primi anni Duemila in preda all’effetto freezing, paralizzati dalla paura e incapaci di agire. C’era chi metteva la testa sotto la sabbia. Chi ribadiva la supremazia della componente umana in guerra contro le macchine e gli algoritmi, timoroso che le profezie di “Matrix” rischiassero di trasformarsi in realtà. Chi preferiva approfondire il fenomeno ma restando alla finestra, alla stregua di un botanico che studia una nuova specie esotica di piante.
Poi all’interesse accademico e alla paura è subentrato un atteggiamento più strategico e orientato al business nelle istituzioni finanziarie, complice anche la perdita di fiducia a seguito della crisi finanziaria del 2008. Alcune startup hanno dimostrato che si può fare business con il fintech, raccogliendo round e ottenendo anche appoggio istituzionale e finanziamenti da operatori tradizionali, come avvenuto per l’unicorno italiano Satispay.
Intuite le potenzialità di business, le startup hanno iniziato a muoversi nel settore i grandi operatori bancari. Corrado Passera, ex ministro ex ceo di Intesa Sanpaolo, ha lanciato e quotato la challenger bank Illimity; i banchieri Roberto Nicastro e Federico Sforza hanno creato la challenger bank Banca Aidexa; Unicredit e Intesa Sanpaolo hanno investito in società fintech e si sono attrezzate internamente; Azimut ha acquisito una serie di società fintech per posizionarsi nel settore, sta formando i suoi consulenti sul fintech e ora pare sia in trattative con Illimity per lanciare la sua banca digitale; Credito Fondiario si è scissa e ha lanciato il servicer Gardant e la nuova challenger bank Banca CF+. E più in generale, gli operatori del settore finanziario sono passati da un atteggiamento di paura e ostilità a uno di collaborazione e cooperazione con le fintech. A muoversi sono stati soprattutto i grandi operatori, che hanno le spalle larghe per investire , mentre i piccoli sono rimasti più indietro, in parte per vincoli di bilancio e in parte per chiusura o paura nei confronti del cambiamento.
Un paradigma che sembra ripetersi anche con gli studi legali, alle prese con l’introduzione dell’intelligenza artificiale. Sul mercato, abbiamo tre scuole di pensiero: gli scettici o timorosi; gli avanguardisti; i collaboratori.
L’articolo è tratto dalla TopLegal Digital di dicembre 2024 – n. 12. Registrati / accedi al tuo profilo per sfogliarla gratuitamente