Il punto di forza del mercato legale napoletano è la tradizione forense. La debolezza, il tessuto economico. Specchio del Paese, Napoli amplifica però il disagio contemporaneo dell’avvocatura: l’ormai dilagante problema dell’eccedenza dell’offerta sulla domanda di servizi legali. Tuttavia, la ripresa degli ultimi tempi, anche grazie al turismo, e l’esistenza di filiere con un forte livello di competitività hanno spinto il fabbisogno di assistenza e consulenza. Il risultato è uno scenario economico a macchia di leopardo, a cui fa da contraltare un mercato legale frammentato, composto in prevalenza da studi legati con un’impostazione tradizionale e dalla contemporanea presenza di pochi studi strutturati di medie dimensioni che guardano però al full service. La fotografia partenopea emerge dall’ampia indagine che ha svolto TopLegal e che ha coinvolto diverse insegne attive sul territorio.
Il contesto economico
Napoli ha sperimentato un declino dell’attività industriale, fino ad allora cruciale, che parte dagli anni Novanta. «Oggi — dice Innocenzo Militerni, dell’omonimo studio — il quadro è completamente cambiato. C’è solo il terziario: con attenzione particolare per l’attività di ristorazione. Il tessuto si è sviluppato soprattutto a livello di servizi a basso costo che non sono in grado di generare elevati ritorni economici». Più in generale, il tessuto economico, caratterizzato da attività organizzate in forma individuale o ditta, ha influito negativamente sugli studi legali, facendo prevalere il modello fortemente individualista nello svolgimento della professione e limitando la crescita dimensionale delle realtà più organizzate.
Ed è proprio l’elemento dell’individualità che ha rappresentato un freno allo sbarco e al consolidamento con grandi realtà nazionali. «Nell’ultimo decennio — spiega Militerni — grossi studi nazionali ed internazionali hanno cercato di radicare una propria sede nella città di Napoli, attraverso accordi di cooperazione o assorbimento di studi legali napoletani, ma queste iniziative non hanno ottenuto il risultato atteso». Alla carenza economica endemica della città di Napoli si aggiungono i difetti della giustizia, come l’eccessiva durata dei processi; tutti fattori che spingono l’avvocatura associata a operare su basi prettamente individuali frenando lo sviluppo degli studi.
Tuttavia qualcosa ora sembra essere cambiato. Il riposizionamento dell’immagine della città ha favorito la ripresa del turismo e gli investimenti sulla formazione da parte delle multinazionali (come la Apple Academy). A dare un impulso competitivo sano al mercato dei servizi legali, la lotta alla corruzione nelle pubbliche istituzioni dovute alle Linee Guide proposte dall’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) e che si ispirano alla maggiore trasparenza ed efficienza nel conferimento dei mandati per intaccare i rapporti fiduciari tra avvocato e cliente. Premesse che promettono bene per la crescita e un mercato dei servizi professionali più maturo. «Il quadro economico di Napoli – commentata Vincenzo Cerbone, managing partner dell’omonimo studio – è comunque abbastanza positivo rispetto al passato visto che, grazie al miglioramento nella gestione dei rifiuti e la lotta alla corruzione nelle pubbliche istituzioni che ha imposto una crescente (e aggiungo: sana) competizione tra le imprese e i professionisti, la situazione, se pure lentamente, sta cambiando in senso positivo».
Caratteristiche dell’offerta
Lo scenario competitivo del mercato legale partenopeo è caratterizzato da una forte frammentazione tra gli avvocati divisi tra titolari di piccoli studi e pochi studi strutturati di medie dimensioni, generalmente full service con professionisti più specializzati e noti al panorama legale nazionale, talvolta anche con sedi a Roma e Milano. Tra queste realtà figurano studi tradizionali di dottori commercialisti con specializzazione in tax e assistenza in campo societario e fallimentare, studi legali specialisti in societario e fallimentare, realtà monospecializzate in diritto amministrativo e diritto del lavoro, nonché gli studi legati alle figure di professori universitari. Nell’ambito societario e fallimentare commercialisti e avvocati sono in concorrenza gli uni con gli altri.
In questo scenario, la specializzazione nel campo della crisi d’impresa è nodale. A queste realtà si aggiungono le grandi società internazionali di revisione (le big four nonché Bdo) e i grossi studi legali di rilievo nazionale con sedi anche a Napoli, per esempio Toffoletto De Luca Tamajo e LabLaw. La forte presenza dei giuslavoristi non è peraltro casuale negli ultimi cinque anni sono cresciti i mandati in cause di lavoro, anche come ricaduta della grave crisi economica e occupazionale che ha attraversato l’area. La numerosità degli avvocati ha scatenato una corsa al ribasso con prezzi praticati ben al di sotto dei minimi tariffari. «Al di là di un certo numero di studi di grande tradizione e di altri emergenti, altri sopravvivono grazie a una rete clientelare o di micro corporativismo», fa notare Raffaele De Luca Tamajo, senior partner di Toffoletto De Luca Tamajo. Tuttavia, la crisi economica e il blocco degli investimenti pubblici, in un’area con un Pil con circa il 60% legato alla spesa pubblica, la rivoluzione digitale (l’uso di dispositivi software e di soluzioni digitali si sta diffondendo nelle insegne napoletani) e il panorama legale sempre più complesso hanno portato a una selezione naturale degli studi.
La versione integrale dello speciale dedicato a Napoli è disponibile sul numero di febbraio-marzo di TopLegal Review.
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