SERVE UN RIFERIMENTO POLITICO

È il più giovane presidente dell’Ordine capitolino e ha chiara una visione: alla categoria serve una nuova forza anche “sindacale" che le consenta di essere protagonista nella ristrutturazione, ormai non più rinviabile, della Giustizia in Italia

22-09-2011

SERVE UN RIFERIMENTO POLITICO

Durante i giorni che hanno preceduto l’approvazione della manovra finanziaria, a luglio, l’avvocatura ha dovuto lottare per evitare l’ennesimo colpo di mano della politica che è stata a un passo dall’eliminare le barriere d’acceso alla professione prima prendendo di mira l’esame di Stato poi tentando di approvare la cancellazione dell’Ordine. «Questo non è liberalizzare ma squalificare definitivamente il ruolo del professionista». A parlare è Antonio Conte (in foto), 48 anni, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Roma dallo scorso febbraio. Dall’inizio del suo mandato, si è distinto per le aperture all’avvocatura internazionale, per la ricerca di sinergie con i legali d’impresa e per la lotta, condotta in prima persona, per la tutela dell’avvocatura dagli “attacchi” della politica. La conclusione? È che «gli Ordini si devono unire in una nuova forza "anche sindacale" che consenta all'avvocatura di essere protagonista nella ristrutturazione, ormai non più rinviabile, della Giustizia in Italia». Così, Roma diventa laboratorio per (ri)pensare la professione e provare a renderla competitiva e moderna.

Avvocato Conte, lei è il più giovane presidente dell’Ordine che sia mai stato eletto a Roma: cosa risponde a chi, oggi, dice che quella dell'avvocato non è una professione per giovani?
Effettivamente, oggi, svolgere la professione di avvocato è sempre più difficile. Gli avvocati, insieme al cittadino/cliente, sono coloro i quali soffrono in prima persona del dissesto della "giustizia" e pagano a caro prezzo una legislazione caotica, a volte contraddittoria, sovente disorganica.

In che "condizioni" ha trovato l’avvocatura romana?
L’Ordine di Roma - che è il più numeroso d'Italia con oltre 23.000 iscritti - ha ovviamente amplificate, a livello locale, tutte le difficoltà che vive la categoria nazionale. Il Consiglio dell'Ordine ha lavorato per affrontare le tantissime emergenze del Foro di Roma. È intervenuto facendo sentire forte la propria voce direttamente con il ministro della Giustizia, chiedendo un piano di razionalizzazione e riorganizzazione degli Uffici Giudiziari romani. Si è chiesto interventi risolutivi per la carenza di organico del personale di cancelleria dei Tribunali, l’innesto di giudici togati presso le sedi dove mancano magistrati, e si sono concretizzati interventi sinergici con i responsabili degli uffici Giudiziari sulle note emergenze  del Giudice di Pace civile e penale.

Quali sono i punti di forza e quali quelli di debolezza della comunità professionale che guida?

Il punto di forza e di debolezza forse è lo stesso: l’Ordine degli avvocati di Roma è il più numeroso d’Europa, così come gli avvocati in Italia sono oltre 240.000. Ma la nostra categoria è l'unica dove "il numero non è forza". Il mio primo obiettivo è stato quello di unire, aggregare la realtà degli avvocati romani portando il Consiglio dell'Ordine a essere punto di riferimento, anche politico - per porre fine alla deliberata esclusione dell'avvocatura dai tavoli preparatori legislativi - per la soluzione dei problemi della "giustizia".
(la versione integrale dell'intervista è disponibile sul numero di settembre di TopLegal)




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