Best practice

Snam investe sul vendor management

Marco Reggiani racconta la genesi di un progetto che vincola tutti i fornitori del gruppo alla stipula di un patto etico e di integrità

07-03-2016

Snam investe sul vendor management


Quando c’è di mezzo la prevenzione del fenomeno criminale, attenersi a quanto previsto dalla legge non sempre è sufficiente. Bisogna spostare l’asticella un po’ più in alto. È questa la lezione che ha messo in evidenza il commissariamento di Italgas. L’azienda, controllata al 100% da Snam, è stata messa sotto “tutela” dal Tribunale di Palermo ai sensi del Codice antimafia, per verificare possibili infiltrazioni della criminalità organizzata. 

A distanza di un anno dall’inizio del provvedimento, nel luglio 2015, l’amministrazione giudiziaria è stata revocata. Italgas è stata totalmente riconsegnata, nulla è stato confiscato, non c’è stata evidenza di alcun avviso di garanzia né tantomeno di licenziamenti di persone dell’azienda. Ma, al di là del risultato finale positivo, Snam – il cui principale azionista è Cassa Depositi e Prestiti (attraverso Cdp Reti) – ha subito un danno reputazionale ed economico significativo. Un danno che, ai margini dell’accaduto, è stato quantificato agli analisti dal suo stesso amministratore delegato, Carlo Malacarne.

Durante la presentazione della relazione semestrale, a distanza di appena quindici giorni dalla fine del commissariamento, l’Ad ha parlato di un impatto in termini di costi operativi corrispondente a una cifra tra i 6 e i 10 milioni di euro. È così che «a causa di sospetti riguardanti un fornitore della società, che nel parco fornitori di Snam vale circa lo 0,16%, l’intero gruppo ne ha pagato lo scotto», commenta con una punta d’amarezza Marco Reggiani (in foto), general counsel di Snam e presidente di Italgas. Aggiungendo che «è di primaria importanza fare in modo che il fatto non si ripeta». 

La Direzione affari legali, societari e compliance guidata da Reggiani in seguito al commissariamento di Italgas ha coordinato una serie di attività di verifica e miglioramento delle procedure di gruppo. Non solo per tutelare la società, ma soprattutto per creare una best practice che potesse durare nel tempo ed essere interiorizzata e conosciuta da tutti i soggetti che si relazionano col gruppo.

La posizione di Reggiani in merito è chiara: «L’etica di un’azienda è sì al suo interno, ma si riflette anche attraverso la condotta dei suoi stakeholder. Se l’azienda è etica ma non lo è un fornitore, a rimetterci è l’immagine e la reputazione di Snam. Bisogna, quindi, far sì che la trasparenza sia un asset trasversale a tutta la supply chain». Per raggiungere l’obiettivo, la direzione legale ha indirizzato il rapporto con i fornitori su un valore sempre più condiviso e rilevante nell’ottica di un buon governo aziendale, quello dell’etica.

A tal fine, ogni fornitore per poter avere rapporti commerciali con il gruppo, deve firmare un documento denominato “patto etico e di integrità”, in cui si impegna a conformare i propri comportamenti ai principi di lealtà, trasparenza e correttezza, a rispettare e mantenere nel tempo i principi previsti nel codice etico e a dichiarare tra l’altro eventuali pendenze processuali. Il sistema dovrebbe così tutelare l'integrità della supply chain e, in prospettiva, l’azienda stessa: al fornitore che non rispetta gli standard concordati, infatti, Snam può, sempre nel rispetto del principio di contradditorio tra le parti, mettere sotto osservazione, limitare, sospendere o addirittura revocare la qualifica. Un progetto ambizioso, all’avanguardia tra gli strumenti utilizzati in Italia per assicurare la legalità della vita imprenditoriale, che potrebbe costituire un benchmark per altre stazioni appaltanti.


Il progetto messo a punto da Snam è raccontato nel numero di febbraio-marzo di TopLegal Review, disponibile su E-edicola.



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