Studi legali, ultimi per spesa in tecnologie

La pandemia ha accelerato il processo di rinnovamento, ma i commercialisti, consulenti del lavoro e società multidisciplinari superano gli avvocati per gli investimenti in innovazione

07-07-2021

Studi legali, ultimi per spesa in tecnologie


Nonostante la pandemia abbia accelerato il processo di rinnovamento delle professioni, gli studi legali restano meno digitalizzati rispetto ai commercialisti e ai consulenti del lavoro.

I recenti dati pubblicati dalla School of Management del Politecnico di Milano fotografano un comparto ancora restio al cambiamento e agli investimenti in tecnologia con un’ottica di lungo periodo. È necessario il ripensamento dei modelli organizzativi, delle modalità di gestione della clientela (Crm), oltre a un più ampio utilizzo delle tecnologie collaborative per le quali è necessaria un’adeguata formazione dei professionisti.  

I numeri. Gli studi legali nel 2020 hanno investito in media 8.700 euro per le nuove tecnologie. Il dato rappresenta la crescita annua più ampia (+29,9%), davanti a consulenti del lavoro (+13,5%), studi multidisciplinari (+11%) e commercialisti (+5,2%). Ma in valore assoluto è una cifra ancora inferiore, di quasi un terzo, rispetto ai 12.100 euro spesi dai commercialisti e ai 10.100 euro dei consulenti del lavoro. Gli avvocati investono tre volte meno in It rispetto agli studi multidisciplinari, che nel 2020 hanno sborsato in media 25.300 euro e sono da sempre i più attenti al tema dell’innovazione tecnologica.

Stando al rapporto del Politecnico, a trainare la spesa in tecnologia nelle tre categorie professionali (1,7 miliardi di euro complessivi in Italia nel 2020) sono stati soprattutto gli investimenti in tecnologie per la gestione elettronica documentale (+34%), strumenti di workflow (+57%), Crm (+120%), business intelligence (+86%) e machine learning (+125%). Le micro-realtà, oltre che sulla gestione elettronica documentale (+37%), hanno puntato invece sui canali social (+26%) e sulle Vpn (+44%), le reti virtuali private.

Guardando in dettagli gli investimenti, si scopre tuttavia il differente approccio degli avvocati rispetto agli altri professionisti. Gli studi legali nel 2020 hanno puntato soprattutto su tecnologie meno articolate e più incentrate sulle esigenze immediate, indispensabili per il proseguimento delle attività nei periodi di confinamento (lockdown). I cordoni della borsa sono stati allargati per migliorare i processi di fatturazione elettronica e le videochiamate in cui hanno investito lo scorso anno l’85% e l’89% degli studi legali.

La percentuale degli investimenti in videochiamate, in particolare, è rivelatrice del livello di innovazione del comparto legale. Lo scorso anno, quasi 9 studi legali su 10 sono stati costretti a migliorare i supporti tecnologici per comunicare con efficacia a distanza. Significa che solo il 10% degli studi legali ne erano dotati (e sapevano utilizzarle), e quindi erano pronti ad affrontare la pandemia, rispetto al 30% degli studi di commercialisti, dei consulenti del lavoro e degli studi multidisciplinari.

I dati del rapporto confermano come nel comparto legale la tecnologia digitale sia ancora utilizzata soprattutto per scopi di marketing e non per migliorare l’efficienza e la qualità del lavoro in studio. Il 54% ha un sito web rispetto al 39% dei commercialisti e al 45% dei consulenti del lavoro; e il 27% degli studi legali ha uno o più account social (25% dei commercialisti e 27% dei consulenti del lavoro).

Diversa la strategia dei commercialisti, che preferiscono investire sull’e-learning (49%), mentre la Vpn è la tecnologia più utilizzata dagli studi multidisciplinari (61%) che hanno anche la presenza digitale più strutturata. Il 59% degli studi  multidisciplinari ha un sito web, il 40% un account social.


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