di Valentina Magri
“Vogliamo migliorare la qualità del lavoro lato clienti e professionisti nell'ambito del piano al 2024. Per riuscirci, intendiamo intercettare i trend di ogni practice in termini di attività a valore aggiunto, con un coordinamento a livello europeo, aggiustando il tiro ogni anno. Puntiamo anche al cross-selling interno, che ad oggi ci porta il 30% del fatturato”. Questi gli obiettivi di Dentons raccontati da Federico Sutti, managing partner Italia, presidente del board europeo e membro del board globale dello studio.
Dentons punta su un alto posizionamento in Italia
In Italia invece Dentons è attiva dal 2015 ed è passata da 9 professionisti nel primo triennio mentre oggi può contare su 154 professionisti. Sutti racconta: “Con il nostro primo piano triennale puntavamo a costruire un’organizzazione full-service. Dopo sei anni, nel 2021 l’obiettivo era il consolidamento. Oggi non ci interessa crescere di volume (ricavi) bensì avere un alto posizionamento sul mercato, per subire meno le pressioni sugli onorari e la concorrenza delle Big Four. Abbiamo interesse a migliorare il nostro posizionamento con la crescita organica. Ecco perché Dentons nell’ultimo triennio ha lavorato sulla no-go zone, per cui non accetta di svolgere certe attività per cui non si sente organizzata o non vuole posizionarsi, anche per mantenere un’identità più chiara con il cliente e non aggiungere persone oltre il necessario”.
Tra gli obiettivi ancora da raggiungere, rientra portare ogni practice almeno nella fascia 3 della classifica di Chambers. “Non abbiamo ancora ottenuto questo risultato nell’M&A. Ad oggi oltre metà practice sono sopra fascia tre. Del resto, alcune practice sono partite da zero otto anni fa e occorre costruirsi una solida reputazione. Altri studi italiani hanno storie più lunghe alle spalle della nostra. Noi siamo soddisfatti, ma vogliamo migliorare ancora”. Dentons sta investendo in tal senso, ma senza fretta. “Anche perché una crescita eccessiva porta a gestione più difficile delle risorse e rischia di penalizzare la qualità”, riflette il managing partner di Dentons in Italia. In un mercato come quello italiano che è già complicato di suo.
Le criticità del mercato legale italiano
“In Italia abbiamo un’offerta eccessiva di avvocati a fronte di una domanda calante. A parità di lavoro, le tariffe in Francia sono superiori del 20% e in Germania del 30%. Il mercato italiano invece è soggetto a una pressione sui prezzi. Del resto, siamo la patria delle pmi e pochissime grandi aziende possono permettersi le parcelle alte dei grandi studi. In generale, non credo che l’Italia possa sostenere studi di grandissime dimensioni”, evidenzia Sutti, secondo cui nel nostro paese gli studi di piccole dimensioni faticano a stare sul mercato per mancanza struttura, offerta, risorse, investimenti in cybersecurity e multidisciplinarietà. Pochi clienti e tanti studi impongono a questi ultimi il consolidamento. “Tuttavia, deve esserci un limite alla crescita numerica dei grandi studi per evitare la creazione di conflitti. Quindi da un lato i grandi studi non devono crescere troppo, ma quelli piccoli saranno chiamati a integrarsi”, avverte Sutti.
In Italia c'è poi il grande tema del nome in ditta, per cui per molti professionisti è essenziale avere il loro cognome nella ragione sociale. “Colpa dell’approccio individualista dei legali italiani, per cui l’idea di lavorare insieme non sempre è condivisa. Anche nei grandi studi spesso si tende a lavorare ognuno per suo conto. Abbiamo un problema culturale”, dice il numero uno di Dentons.
Che per il futuro di aspetta che le multinazionali e altre grandi aziende si rivolgeranno agli studi fornitori di servizi globali secondo la logica dello one stop shop, evitando così di scegliere di appoggiarsi a uno studio diverso per ogni paese.
L’avanzata dell’AI nel settore legale
Infine, Sutti si dice preoccupato dell’avanzata nel mercato legale dall’intelligenza artificiale, che sta già riducendo il business negli studi americani, dato che rende meno necessarie le risorse junior e più importanti quelle più senior. “Mi aspetto che, più avanti, il fenomeno di estenderà anche all’Italia, creando degli scossoni. Le attività a basso valore aggiunto rischiano infatti di scomparire nel giro di tre-cinque anni, con gli Associate più junior che saranno sostituiti in gran parte dal Legaltech. I giovani, infatti, non potranno svolgere attività più semplici perché saranno appannaggio dell’AI, ma al contempo faranno fatica ad istruire l’AI, perché per farlo occorrono le competenze specifiche dei professionisti più senior”. Avremo dunque un problema di crescita dei giovani. “La sfida è capire non se, ma quando accadrà, e migliorare la qualità del lavoro, rendendola alta e sofisticata, in modo da essere meno suscettibile di sostituzione da parte dell’AI”, sottolinea il managing partner di Dentons.
Dentons guarda all’India
Lo studio intanto è reduce dall’uscita del mercato cinese. Del resto, per Dentons non era più possibile restare in Cina. “C’è meno lavoro per i clienti cinesi per i limiti a investire all'estero imposti dal governo. Inoltre, le imprese estere investono poco nel paese, salvo che nel settore dei beni di consumo. Hanno pesato anche le questioni geopolitiche e dei rapporti fra USA e Cina”, ammette Sutti.
Dentons intanto guarda già altrove. “Siamo l’unico studio internazionale che ha aperto in India sei mesi fa, con 150 avvocati. Siamo posizionati bene nei settori infrastrutture, aviazione, energia. Considerato poi il sistema economico e giuridico, l’India è un mercato più semplice della Cina. Avremo sicuramente dei benefici dalla crescita economica indiana, anche se il mercato legale più importante al mondo resta quello americano”.