Un tesoro da 215 milioni di euro. A tanto ammonta il valore delle insegne dei primi dieci studi legali italiani (per fatturato) calcolato, in esclusiva e per la prima volta in assoluto per TopLegal, dallo studio specializzato in marchi, brevetti e proprietà intellettuale, Barzanò & Zanardo.
È Chiomenti il brand legale che, secondo queste stime, vale di più con 58,55 milioni di euro. Il dato sorprenderà, forse, i soci dello studio che dicono di non considerare l’insegna «Chiomenti» un marchio. Ma di fatto, lo studio, fondato nel 1948 da Pasquale Chiomenti e che conta già quattro generazioni di professionisti al suo interno e non espone nemmeno la targa all’esterno del palazzo in cui ha sede a Milano, è quello che vanta il nome più consolidato e “prezioso” tra i dieci presi in esame da questa ricerca.
La stima è stata fatta sui marchi dei primi dieci studi legali italiani, sulla base dell’ultima edizione della TopLegal 100 (la classifica, in ordine di ricavi, degli studi legali attivi in Italia pubblicata sul numero 6/10 di TopLegal). Si è scelto di non includere nel calcolo gli studi internazionali con base in Italia, per avere un gruppo più omogeneo.
Subito dietro Chiomenti si piazza, con 36,12 milioni di euro, Bonelli Erede Pappalardo, seguito nell’ordine da Pirola Pennuto Zei (27,96 milioni), Gianni Origoni Grippo (26,45 milioni) e Nctm (21,45 milioni). (La classifica intera è visionabile sul numero di Febbraio 2011 di TopLegal).
Gli studi legali non sono considerabili alla stregua di aziende. Come spiega Andrea Tiburzi, consulente italiano ed europeo in proprietà industriale e brevetti e manager dell’Area Valutazione Intangibles della Barzanò & Zanardo, «il marchio d’azienda è un asset, in quanto il consumatore riconosce e cerca la qualità del prodotto da esso contraddistinto a prescindere da chi fa il prodotto. Invece, in uno studio legale il “consumatore” (il cliente, ndr) si affida al professionista con il quale instaura un rapporto fiduciario; quindi i segni distintivi di uno studio legale, non sono da soli idonei ad attirare clientela se non combinati con l’attività dei professionisti dello studio stesso, poiché offrono prestazioni intellettuali. Pertanto, il risultato ottenuto, non si riferisce a un valore patrimoniale, bensì al valore del contributo che il segno distintivo ha nella generazione di un sovra reddito per lo studio legale che ne dispone». Inoltre, Fausto Colella, commercialista, revisore legale e responsabile dell’Area Valutazione Intangibles della Barzanò & Zanardo, precisa che
l’analisi effettuata, comprende una serie complessa di calcoli, indici e parametri, elaborati da Barzanò & Zanardo, come spiega Colella: «Oltre ai dati sintetici del solo fatturato abbiamo, preso in considerazione altri elementi per noi significativi a dare ugualmente consistenza alle valutazioni effettuate. Abbiamo dovuto mettere in relazione e analizzare fattori come: il numero di soci, la storia, la stabilità, il grado di internazionalizzazione, l’ampiezza della gamma dei servizi di consulenza offerti, e non ultima la tipologia del segno utilizzato, considerando se fosse costituito da un patronimico o meno. È rilevante, inoltre, segnalare, quale altro elemento particolare della valutazione effettuata, che i valori indicati si riferiscono ai dieci studi qui esaminati, per cui, il primo è primo tra quei dieci e non in valore assoluto rispetto a tutti gli studi legali italiani».
La cifra indicata nella classifica, è indice, in particolar modo, della fiducia accordata dai clienti e dell’attrazione che il marchio esercita verso clienti nuovi. Ma a differenza delle stime che solitamente si fanno per le imprese e per alcuni marchi che hanno teoricamente una vita infinita, in questo caso, si è stabilito di fissare in un lustro il limite della validità di tale stima. «Per gli studi legali», spiega Tiburzi, «abbiamo ipotizzato una limitazione a 5 anni; questo perché se lo studio cessasse di esistere, il solo marchio potrebbe ancora ragionevolmente sopravvivere nella mente dei clienti dello studio, a prescindere dai professionisti in esso operanti, per circa cinque anni».
(La versione integrale dell’articolo è sul numero di Febbraio 2011 di TopLegal).
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