Approfondimenti

Trade Wars, quali strumenti e contromisure?

Kpmg spiega le agevolazioni doganali e gli strumenti concreti di pianificazione doganale per affrontare al meglio le nuove dinamiche internazionali

08-02-2019

Trade Wars, quali strumenti e contromisure?

 

Le scelte di politica commerciale adottate dall’amministrazione statunitense, a due anni dall’elezione di Donald Trump e, in parallelo, l’imminente uscita del Regno Unito dall’Europa, la cosiddetta Brexit, stanno rapidamente ridisegnando lo scenario internazionale modificando radicalmente i rapporti tra i diversi mercati, col rischio di creare significative barriere tariffarie e Trade Wars.

Kpmg, in media partnership con TopLegal, ha organizzato due incontri, un appuntamento milanese e uno romano, col fine di fornire agli operatori un quadro chiaro sullo stato delle Trade Wars e alcune soluzioni pratiche che possano supportare le società nella definizione del rapporto internazionale sulla base di criteri di semplicità, di efficienza e di risparmio daziario. Al dibattito milanese hanno preso parte Massimo Fabio (in foto), partner di Studio Associato (Kpmg); Federico Fabbrini, Professore di diritto comunitario alla Dublin City University e direttore del Brexit Institute; Marco Cutaia, direttore dell'Ufficio delle dogane di Milano 3; e Andrea Aracu, logistics manager di Intercos Europe.

La Brexit, decisa dal referendum che si è svolto in Gran Bretagna il 23 giugno 2016, è lo scenario che senz’altro tocca maggiormente i paesi dell’Unione europea ed è ormai imminente. L’exit day, vale a dire la data ufficiale del recesso, è stata fissata infatti al 29 marzo 2019. Per evitare una hard Brexit, il Regno Unito e l’Unione europea avevano negoziato un trattato di recesso volto a regolarizzare da un punto di vista legale i rapporti tra le due parti. Ma il 15 gennaio 2019, con 432 voti contrari e 202 voti a favore, il Parlamento britannico ha bocciato il testo dell’accordo proposto soprattutto a causa del cosiddetto Backstop, con cui - per evitare il rialzarsi di frontiere tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda – l’Irlanda del Nord era stata allineata alle regole europee. 

A questo punto, fermo restando che Uk e Ue hanno stabilito di voler trovare un modello di cooperazione economica, bisognerà capire cosa accadrà dopo il 29 marzo. A tal riguardo Massimo Fabio nel corso del dibattito ha così commentato: «In attesa di capire se sarà possibile trovare con la Gran Bretagna un accordo che possa riproporre i contenuti di quelli già definiti con Norvegia o Svizzera, certamente saranno attivate al 29 marzo, data dell’Exit day, le formalità doganali. I nuovi adempimenti negli scambi reciproci rappresenteranno un costo inevitabile della Brexit. E, in questo contesto, sarà più facile interagire come soggetti accreditati Aeo (operatori economici autorizzati). Non è un caso se molte aziende britanniche in questi mesi si sono preoccupate di ottenere l’autorizzazione con regole europee perché, ad oggi, l’Aeo Uk non esiste. I britannici, quindi, dovranno attrezzarsi per disciplinare una figura di “trusted trader”, in linea con gli standard internazionali già adottati nella Ue e in moltissimi altri paesi membri del Wto. Allo stesso modo, anche per le aziende italiane accreditate ci saranno maggiori privilegi in termini di snellezza dei rapporti doganali».

La certificazione Aeo rappresenta, da un punto di vista doganale, la massima espressione di affidabilità, che consente all’azienda che ne è in possesso di avere una serie di benefici, che arrivano alla riduzione fino al 90% dei controlli doganali e del 30% delle garanzie per le obbligazioni sorte, consentendo altresì di accedere allo sdoganamento centralizzato. 

La certificazione Aeo potrebbe risultare cruciale anche nella semplificazione dei rapporti con gli Stati Uniti, soprattutto alla luce delle più stringenti politiche tariffarie previste dall’amministrazione Trump. Gli Stati Uniti sono stati i primi a implementare il Safe Framework, con l’introduzione del Customs Trade Partnership Against Terrorism (C-Tpat). Negli scambi commerciali tra un operatore Aeo dell’Unione europea e un operatore C-Tpat statunitense sarà possibile beneficiare di importanti semplificazioni della catena logistica internazionale, riducendo i controlli e le formalità doganali e conseguendo pertanto un risparmio in termini di diminuzione dei tempi di delivery e dei costi correlati.

La determinazione dell’attuale amministrazione statunitense a voler riconsiderare gli accordi tra i paesi in chiave unilateralista, in totale difformità rispetto all’evoluzione multilateralista che aveva connotato tutti gli accordi commerciali degli ultimi trent’anni, ha imposto la necessità di avviare una riconsiderazione delle strategie produttive delle imprese votate all’internazionalizzazione. In quest’ottica, assume un ruolo fondamentale il processo di riappropriazione del “made in Italy” a cui molte aziende italiane, in passato, hanno rinunciato in ottica prudenziale perché parte del loro processo produttivo è delocalizzato all’estero. È ciò che è accaduto a Intercos Europe, azienda di prodotti cosmetici, il confezionamento di alcuni dei quali avviene in Cina. 

Con la consulenza di Kpmg, la società ha avviato un dialogo costruttivo con l’Agenzia delle Dogane, volto a riappropriarsi dell’origine “made in Italy”. Questo è stato possibile grazie alla tracciabilità di tutte le fasi produttive, che dimostrano che l’intero processo di lavorazione delle materie prime avviene in Italia e che il bulk cosmetico inviato in Cina ha la stessa voce doganale del prodotto confezionato e messo in commercio. Poiché, doganalmente parlando, non c’è alcun salto tariffario, l’azienda sta concludendo in questi giorni il processo di riconoscimento dell’origine made in Italy. Una cosa non banale, considerando che, a partire dal prossimo 30 marzo, tutti i prodotti “made in China” potrebbero subire un aumento dei dazi statunitensi del 25 per cento.

Il consiglio, quindi, per tutte quelle aziende italiane che delocalizzano parti non sostanziali dei processi produttivi in altri Paesi è di avviare un confronto con l’Agenzia delle Dogane perché, come più volte sottolineato da Massimo Fabio nel corso dell’incontro, «l’amministrazione non è il nemico, ma un interlocutore in grado di supportare le aziende italiane. L’Agenzia delle Dogane, infatti, come previsto dal codice doganale unionale, deve avere un ruolo di catalizzatore della competitività».

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