Dall’emissione di titoli sostenibili all’inserimento del successo sostenibile in statuto, dalla compliance sulle dichiarazioni non finanziarie alla corporate governance. Sono ormai molteplici i fronti normativi e legali su cui le aziende si stanno interrogando in tema di sostenibilità e integrazione dei fattori environmental, social e governance (Esg).
Parallelamente sono molteplici le funzioni aziendali coinvolte trasversalmente in azienda, come ha confermato la sesta edizione dell’Integrated Governance Index (Igi) a cui hanno partecipato 80 aziende e 340 manager coinvolti nella compilazione del questionario, una media di quattro per azienda partecipante. Oltre all’intervento delle funzioni sostenibilità, si conferma la predominanza dei manager finanziari delle aziende mentre aumenta il peso dell’area compliance.
Tra le altre funzioni chiave coinvolte, i general counsel, i segretari di cda, l’area corporate governance, gli affari societari, le risorse umane e i chief risk officer. I consulenti legali sono quindi chiamati a dare un supporto integrato e multidisciplinare, rispondendo a sollecitazioni tecniche e strategiche che interessano più funzioni aziendali.
L’Integrated Governance Index copre ormai il 60% delle società del Ftse Mib e il 50% delle prime 100 società quotate italiane. I risultati sono stati presentati in occasione della ESG Business Conference del 16 giugno organizzata da ETicaNews in collaborazione con TopLegal e con la partecipazione tra i relatori di Antonella Brambilla, partner di Dentons; Mauro Marè, of counsel di Dentons; Giovanni Marsili, partner di Gianni & Origoni; Francesca Marchetti, partner di BonelliErede.
Tra i dati chiave presentati, l’ascesa del concetto di purpose. Termine inglese per indicare “scopo”, il purpose è la risposta dell’azienda alla domanda: “Perché esisto?”. Su questo tema si stanno interrogando con sempre maggiore convinzione anche le aziende italiane che quest’anno hanno profuso un evidente sforzo in termini di formulazione e comunicazione. Inoltre, all’inizio dell’anno si sono iniziati a vedere i primi casi di inserimento del purpose e del concetto di successo sostenibile all’interno dello statuto aziendale.
Il successo sostenibile, come definito dal nuovo Codice di corporate governance di Borsa italiana, si sostanzia nella creazione di valore nel lungo termine a beneficio degli azionisti, tenendo conto degli interessi degli altri stakeholder rilevanti per la società. Nel cambio di paradigma verso lo stakeholder capitalism, stanno evolvendo anche le responsabilità dei consigli di amministrazione, sia in termini di responsabilità sulla reportistica, con riferimento agli obblighi normativi della Dichiarazione non finanziaria, sia di “ESG duty”, ossia di doveri verso gli stakeholder.
Un secondo dato rilevante emerso è il consolidamento del legame tra remunerazione ed Esg per 7 aziende su 10. Balza, infatti, al 69% la quota di aziende quotate che dichiara di legare la remunerazione ad aspetti od obiettivi reali di performance Esg dell’azienda. Nel 2020, la percentuale era al 49%, mentre 4 anni fa era al 24 per cento. Il legame tra retribuzioni e sostenibilità è un indicatore decisivo dell’affermarsi dei fattori di sostenibilità Esg nel sistema di governo aziendale. Questo, perché spinge i manager a rendere il più effettivi possibili i principi di sostenibilità adottati, in quanto incide direttamente sui guadagni individuali dei manager.
Risulta coerente con questa spinta interna l’attenzione di una crescente platea di manager e professionisti. Quest’anno sono stati oltre 850 i registrati alla ESG Business Conference in versione digitale. La Conference ha riunito un totale di 35 relatori, con la partecipazione, tra gli altri, di Consob, Cndcec, Andaf, Assonime e Assofondipensione. Sono state invitate a esporre il proprio caso aziendale quindici società. In ordine di presenza nella giornata, le aziende: Hera, Fiera Milano, Saipem, Unicredit, Snam, Cap Holding, Poste Italiane, Avio, Acea, Generali, Prysmian, Enel, Banca Generali,A2A e Unipol.