«Sarà possibile licenziare per scarso rendimento». È un'affermazione di Pietro Ichino (in foto), senatore e membro della Commissione Lavoro del Senato, oltre che noto giuslavorista italiano dello studio Ichino Brugnatelli e Associati. La Riforma del Lavoro, diventata legge lo scorso 27 giugno, nata in mezzo ad un focolaio di polemiche, ha introdotto una serie di nuovi concetti che cambieranno, irreversibilmente, il mercato del lavoro italiano.
Uno dei concetti che è stato introdotto è quello della flessibilità in uscita, e con questo, anche la possibilità di licenziare per negligenza. Concetto che, però, non è stato inserito nella norma in maniera chiara.
«Prima dell'attuale Riforma – dice Ichino -, il licenziamento per scarso rendimento era praticamente impossibile, mentre con il nuovo articolo 18 questo concetto inizia a farsi strada. Certo, il rendimento è un parametro difficile da stabilire con estrema precisione, ma, per esempio, se si parla di venditori e un dipendente vende il 60% in meno di un altro, questo è un dato oggettivo. Per cui la negligenza oggi si può facilmente superare attivando il licenziamento per motivi economici e disciplinari, inoltre – continua Ichino - sarà difficile che il lavoratore, come accadeva in precedenza, possa paralizzare il licenziamento mettendosi in malattia (prima della riforma, infatti era vietato licenziare il dipendente durante il periodo di malattia, ndr)».
Con il concetto di flessibilità in uscita, molti hanno espresso il timore che il numero dei licenziamenti possa subire una preoccupante accelerazione. Preoccupazione che non tocca Luca Failla di Lablaw: «Non credo che questo nuovo articolo 18 darà la stura ai licenziamenti facili. Sono convinto che le aziende, in realtà, dovranno abituarsi a questo cambio. Inoltre, il licenziamento non è mai stato uno strumento di gestione del personale, ma una necessità che le aziende hanno sempre affrontato con grande attenzione».
Intanto, i dati che arrivano dall'Istat (dati provvisori), relativi al mese di maggio, non sono di certo incoraggianti. E anche se il tasso di disoccupazione a maggio risulta in lieve calo (-0,1 punti percentuali) a confronto con aprile, il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni), ovvero l'incidenza dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, è arrivato al 36,2 per cento.
Nella Riforma del Lavoro oltre alla flessibilità in uscita, si parla di flessibilità in entrata e nel 2011 «sono stati siglati un totale di 10 milioni di contratti, 2 milioni dei quali a tempo indeterminato – afferma Ichino – dati che, però, non includono i disoccupati, ma coloro i quali sono già all'interno del mercato del lavoro. Mercato che è vischioso e, in quanto tale, chi ne è al di fuori fa fatica ad entrare».
Ma cosa manca ancora alla nuova legge del lavoro italiana? «Manca l'idea nordeuropea del meritarsi i diritti per i quali si è lottato – risponde Francesco Rotondi di Lablaw -. Credo che sia corretto avere degli strumenti di sostegno alla produzione e alla conservazione del reddito, che sia corretto che lo Stato attivi una serie di misure per il contenimento della disoccupazione. Ma manca l'idea che esistano anche dei comportamenti positivi e propositivi che il lavoratore o ex lavoratore o disoccupato debba porre in essere per potersi ricollocare. La famosa condizione del diritto di usufruire di un diritto».
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