Il nuovo patto di famiglia potrà essere un’ancora di salvezza per la gestione del passaggio generazionale nelle Pmi. È quanto è emerso nel corso della tavola rotonda organizzata da TopLegal in collaborazione con gli studi legali Lombardi Molinari e Associati e Maisto e Associati.
Sullo sfondo la possibilità introdotta dalla legge 55/2006 di utilizzare il patto di famiglia per consentire al vecchio capitano d’industria di individuare chi tra i suoi eredi debba essere l’assegnatario dell’azienda di famiglia o di una partecipazione che consenta il controllo della società. Si tratta, quindi, di un vero e proprio contratto di carattere gratuito, consentito in deroga al divieto dei patti successori che ha come sua finalità principale assicurare la continuità dell’impresa.
Come ha sottolineato l’avvocato Giuseppe Lombardi, presidente di Lombardi Molinari e Associati «nella formulazione attuale lo strumento sembra più adatto ad andare incontro alle esigenze delle piccole e medie imprese». Il patto, se si presenta come atto finale di un processo strutturato di gestione della successione, come ha evidenziato Paolo Ludovici, partner dello studio tributario Maisto e associati, «può portare alcuni vantaggi sul piano fiscale».
La parola magica è «pianificazione». Ma per pianificare occorre preparare con buon anticipo la successione. «Aspettare che il fondatore dell’azienda», ha osservato Andrea Tomaschù, amministratore delegato di Riello Investimenti, «arrivi a ottant’anni per decidere come impostare il passaggio può essere molto rischioso, perché si tratta di una operazione delicata che è necessario ponderare con grande attenzione».
Allo stesso tempo, però, indicare con troppo anticipo chi sarà il prescelto, come ha detto Nicola Radici, amministratore delegato di Miro Radici Textile Energy «rischia di demotivare gli altri potenziali eredi che da quel momento in poi potrebbero lavorare con meno entusiasmo».
La scelta stessa del successore non è facile. «Ma esiste un mezzo per effettuarla gradualmente», ha concluso Enrico Bellezza, membro del comitato scientifico della Fondazione italiana per il notariato, «ovvero basta nominare un trust che gestisca l’avvicendamento degli eredi al timone dell’azienda per periodi limitati fino ad arrivare a una decisione finale da comunicare al trustee indicando chi fra i possibili eredi debba ricevere il timone dell’azienda» e chi invece si debba accontentare, ad esempio, di partecipazioni di minoranza.
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