Dieci anni fa TopLegal pubblicava la notizia della scissione di 85 avvocati di cui 17 soci, da un grande studio legale italiano. Le prime mosse della neonata associazione denotano una start up che nasce da presupposti comuni organizzativi e culturali piuttosto che meramente professionale. A partire dalla denominazione – Legance – uno di quei nomi di fantasia sgraditi al mondo forense e quasi inesistente nel 2007 persino fra gli avvocati d’impresa. Il nome dello studio riassume l’istituzionalità del progetto retto da un approccio all’organizzazione e al lavoro basato sulla decentralizzazione. Qualche settimana dopo l’avvio, giunge la notizia del reclutamento di un dirigente proveniente da una banca nazionale chiamato a ricoprire il ruolo di direttore generale. Ad altre due figure dirigenziali vanno affidate il controllo di gestione e della logistica.
Quando nasce Legance in Italia predominano tre studi legali, tre strutture complesse con schiere di soci affermati e un ambiente capace di attirare e sviluppare i migliori nuovi talenti. In pochi anni, con l’imporsi di Legance, gli studi principali italiani passano da tre a quattro. Questo dato è attestato da tutti, professionisti italiani e stranieri che siano. Conseguenza di una crescita rapida, senza dubbio, ma al contempo sostenibile e costruita sulla coesione che ha contenuto le spinte della disaggregazione dovute alla congiuntura economica.
Oltre i numeri, l’eredità significativa di Legance è quella di aver dato al mercato un modello di studio istituzionale. Altri concorrenti hanno tentato la strada dell’istituzione ottenendo risultati opposti. Le regole che uno studio si dà possono finire con l’appiattimento dello spirito imprenditoriale. Anche la spersonalizzazione può ridursi, nella sua forma leggera o approssimata, a un impegno che valga solo per alcuni soci.
Il caso Legance dimostra che il successo si nutre di una progettualità chiara e condivisa che armonizza in sé più elementi. Oltre il mero posizionamento particolare e distintivo, serve un approccio alla gestione basato sulle migliori prassi del settore, una cultura interna partecipata e soprattutto un’idea di futuro e la determinazione nel perseguire gli obiettivi prefissi a discapito delle sirene che richiamano alle pressioni immediate del presente.
Marco Michael Di Palma
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