UNA FATICOSA UDIENZA A VENEZIA

16-04-2012

UNA FATICOSA UDIENZA A VENEZIA

I tempi della giustizia italiana sono troppo lenti. È una frase che spesso ci sente ripetere, soprattutto dagli investitori stranieri che non comprendono i passaggi poco fluidi e gli ostacoli della nostra burocrazia. E affrontare un processo nello Stivale equivale a una lunga Odissea tra i tribunali anche per gli avvocati. Ma, in realtà, per fare meglio e più in fretta, basterebbe poco. Un po' di senso civico e spirito di collaborazione. Pubblichiamo di seguito una riflessione di Sergio Barozzi (in foto), partner di Lexellent, su una lunga giornata a Venezia. Tra ironia e sconforto, un piccolo manuale di utilità condivisa.


Una normale giornata di udienza davanti alla Corte di Appello - Sezione Lavoro - di Venezia spiega bene perché la giustizia non funziona e quante risorse vengano sprecate.
Si comincia in Piazza San Marco dove il Vigile Urbano ci ha indirizzati.
L’ufficio in realtà è quello del Giudice di Pace. Per fortuna c’è una mezz’ora di anticipo perché l’incaricato sulla porta non sa dove sia la Corte d’Appello (1’ domanda non si potrebbe insegnarglielo) e quindi non resta che aspettare che esca il primo signore in giacca e cravatta e 24 ore d’ordinanza per farci indicare la strada.
Arrivati alla Corte di Appello si trova un bel cartello “Sezione Lavoro”, si sale al primo piano (alto e a piedi) e naturalmente si scopre che le aule di udienza sono da un’altra parte (un cartello sulla scala per risparmiare tempo e fatica?) e finalmente si arriva alle sale di udienza.
Toga, cancelliere e Corte ben schierati in una stanza lunga e stretta dove si fa fatica ad accedere dall’unica porta destinata al pubblico. L’altra che servirebbe a meglio gestire l’affluenza è riservata alla Corte (domanda n. 3: perché non aprirle entrambe dopo l’entrata dei magistrati?).
L’aula è preceduta da un ampio vestibolo con tavolone centrale, mancano le sedie per tutti e gli attaccapanni (domanda n. 4: nessuno dei colleghi, dei giudici, dei commessi a cui avanzi una piantana da portare nel vestibolo?).
La sala è piena di cartelli più disparati: il primo mi mette ansia. La mia udienza è fissata alle 10 e sul cartello c’è il seguente avviso  “ Le udienze di febbraio sono anticipate alle 9,30.” Mi avvicino e realizzo che si tratta di Febbraio 2011 (domanda n. 5: in 13 mesi nessuno ha trovato il tempo di toglierlo ?), e chi l’ha letto a Gennaio ed è arrivato mezz’ora prima ? quattro cartelli “vietato fumare” appesi su una finestra in uno spazio di un metro quadro. Ed altri 7 e 8 avvisi che denotano anni di affissione.
All’arrivo della Corte l’elenco delle cause, è, ordinatamente, affisso fuori dalla porta dell’aula di udienza. Ci sono 37 cause. l’INPS ne è parte in una decina. La 1°, la 2°, la 12°, la 25° e così via (domanda n. 7: ma non si potevano accorpare così il legale dell’Ente poteva andare via?), ovviamente tutte le cause sono fissate alle 10 (domanda n. 8: ma non si potevano dividere in 2 scaglioni in modo da facilitare il compito agli avvocati?).
Gli avvocati si avvicinano tutti insieme nell’aula neanche fossimo alla prima della Fenice, nonostante le cause siano chiamate ordinatamente (domanda n. 9 e 10: ma che ci sarà da vedere? Perchè la Corte non consente l’accesso solo ai colleghi della causa che viene discussa?).
C’è anche un lungo tavolo destinato a chi deve discutere la causa, con il collega della 27 (domanda n. 11: ma perché gli avvocati devono stampare in bella vista il nome delle parti sul fascicolo a dispetto della riservatezza dei clienti ?) che ha fin da subito occupato la prima seggiola del tavolo e quindi nessuno può passare (domanda n. 12: maleducazione o invalidità deambulatoria?) e comunque la collega della 22 ha occupato 3 sedie con borsa e cappotto (domanda n. 13: maleducazione o maleducazione?).
Finalmente si chiama la causa numero 11, prima della nostra la 12, contumaciale ma il collega non ha portato la copia dell’atto notificato, quindi tutto si blocca in attesa che esca dall’aula superando la folla per andare e telefonare in studio (domanda n. 14: ma perché non si è preparato?). L’udienza (la nostra) è finita, si restituisce la toga e si esce.
Naturalmente quando bisogna ritirare il dispositivo la cancelleria è chiusa e nonostante la gentilezza degli incaricati per 2 gironi non si riesce a decriptare l’avviso giunto efficientemente via email: ricorso accolto integralmente, ma quale il principale o l’ incidentale ?
Per fortuna era il principale e adesso potremo riottenere quanto pagato in esecuzione della sentenza di primo grado, che, ovviamente deve passare da un decreto ingiuntivo, cui seguirà magari opposizione, perché secondo l’interpretazione prevalente la sentenza di secondo grado non costituisce titolo per la restituzione di quanto non è più dovuto, come sarebbe portato a ritenere qualsivoglia persona di buon senso.
So già l’obiezione: cosa c’entra tutto questo con i tempi della giustizia?
C’entra come potrebbe facilmente spiegare un esperto di sistemi di produzione. Ognuna delle domande poste qui sopra nasconde un problema, un malfunzionamento, una perdita di tempo. E’ segno di incuria, sciatteria, maleducazione, mancanza di interessi per gli altri e per quello che si sta facendo.
Non si tratta di indignarsi, si tratta semplicemente di fare tutto quello che è possibile fare, anche le piccole cose, per un servizio migliore.
E’ questo un compito di tutti.
                                                                                           di Sergio Barozzi

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