Commento

Uno studio legale in Borsa, ha senso?

La spinta all’innovazione finanziaria fa sorgere nuove opportunità ma anche qualche dubbio

04-04-2019

Uno studio legale in Borsa, ha senso?

 

di Marco Michael Di Palma

 

Quotarsi o non quotarsi? Questo l’interrogativo che impensierisce sempre più i vertici degli studi a Londra e oltre Atlantico. Soprattutto considerando i numeri generati dalle insegne-matricole negli ultimi anni. Gateley, il primo studio nel Regno Unito a quotarsi nel 2015 raccolse 30 milioni di sterline dall’operazione e ora ha una capitalizzazione 2,25 volte il proprio fatturato annuo. Altri hanno ottenuto risultati ancora più positivi. Keystone Law Group (quotato nel 2017) ha un multiplo di 3 volte il fatturato, mentre Rosenblatt (quotato l’anno scorso) ha raggiunto addirittura un multiplo di 6,25. 

In Italia, siamo lontani da tali scenari. L’ingresso di soci di capitali è consentito ma solo con certi limiti (gli avvocati devono rappresentare i due terzi del capitale, l’amministrazione è riservata ai soci e gli avvocati devono avere inoltre la maggioranza dei voti). Ciononostante, il tema della quotazione in Borsa riguarderà anche l’Italia dal momento che l’inglese Dwf, che ha una sua sede a Milano, si è quotata sul listino principale della London Stock Exchange a marzo, diventando Dwf Group plc. Lo studio, con una capitalizzazione di 366 milioni di sterline (428 milioni di euro), ha collocato il 26% del capitale per un valore di 95 milioni di sterline (111 milioni di euro): la più grande quotazione di uno studio legale mai vista nel Regno Unito. 

Tuttavia, gli scenari che si prospettano per i soci di Dwf e gli altri che intendono avvicinarsi alla Borsa potrebbero rivelarsi del tutto inediti. Sono quattro le criticità che in teoria possono verificarsi nei mesi e negli anni a venire.

Innanzitutto, sorge il problema delle retribuzioni con l’emergere di un conflitto tra il rapporto prezzi-utili (price-earning ratio) e i compensi dei soci. Per massimizzare gli utili (e quindi il valore delle azioni), il compenso fisso dei soci potrebbe essere destinato a ridursi al minimo. Allo stesso tempo, a seguito della quotazione, lo stipendio base più i dividendi potrebbero risultare inferiori ai guadagni antecedenti alla quotazione.

Una seconda criticità è di ordine finanziario e fiscale. L’Inghilterra (insieme al Galles) è una delle poche giurisdizioni al mondo che consente la proprietà esterna degli studi legali. Per le insegne con una presenza internazionale significativa, si creano diverse sfide operative. Le realtà quotate potrebbero vedersi costrette a utilizzare una struttura Verein e a dover gestire numerose complessità fiscali in virtù del diverso trattamento secondo la giurisdizione in cui esercitano i professionisti.

Terzo, come avviene spesso all’indomani di qualsiasi quotazione, i soci potrebbero subito vendere le proprie quote (per ovviare a questo infatti Dwf ha reso noto che il capitale dei soci sarà blindato per cinque anni fino all’aprile del 2024). Nel momento in cui non vi è più un’interdizione sulla cessione di quote da parte dei soci, cosa succederà allo studio? Nel caso di un calo significativo del prezzo delle azioni, un socio potrebbe preferire cambiare studio piuttosto che attendere per vendere le sue quote. Non sarebbe del tutto remota una situazione per cui un socio azionista dello studio A si trova a essere altresì socio equity dello studio B. 

Infine, emerge la difficoltà di far conciliare in uno studio Spa le diversità di incentivi e aspirazioni tra i professionisti. Le future generazioni di avvocati, che non avranno beneficiato dell’Ipo, potrebbero chiedersi quale potrà essere il futuro che si prospetta per loro in uno studio che ha ceduto l’equity a investitori esterni. Soprattutto se il valore della nuova società dipende da singoli professionisti molto performanti che potrebbero darsela a gambe da un momento all’altro. Non solo i giovani professionisti ma gli investitori stessi potrebbero trovare faticoso allineare i propri interessi con le esigenze dei soci che rappresentano asset estremamente mobili. D’altro canto, non è nemmeno evidente il motivo per cui un professionista abituato a un grado di autonomia molto elevato avvertirebbe la necessità di contare su un azionista esterno.

Tuttavia, stanno cambiando le logiche della professione e del business legale. La consulenza legale sarà sempre di meno un servizio legato alle persone e sempre di più un processo automatizzabile capace di moltiplicare efficienze e margini. In altre parole, il comparto legale si sta man mano trasformando proprio in una proposta che potrebbe attrarre gli investitori esterni. Finora, gli studi legali che si sono quotati hanno modelli di affari e fornitura di servizi che si differenziano dai concorrenti più tradizionali. 

La maggioranza delle nuove quotate ha puntato sui volumi o su proposte altamente innovative e dirompenti. Da questo punto di vista, la quotazione in Borsa di Dwf ha pochi precedenti e potrebbe segnare uno spartiacque. 

O forse no. Basti pensare che nonostante le dimensioni e il maggiore orientamento imprenditoriale, nessuna delle quattro multinazionali di revisione ha mai pensato finora di quotarsi. Il fatto che imprese di servizi così sofisticate abbiano deciso, almeno per il momento, di rimanere lontane dalla Borsa dovrebbe far riflettere.

Servizi legali: un nuovo asset class per i mercati dei capitali? Vedremo. 

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Dwf, Gateley, Rosenblatt, Keystone Law


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