UTILITIES E INFRASTRUTTURE, I FONDI ITALIANI ANCORA ALLA FINESTRA

«I fondi di private equity italiani possono giocare un ruolo importante per lo sviluppo del settore delle utilities e delle infrastrutture nel nostro paese, grazie all’abbondante liquidità di cui dispongono» ha dichiarato oggi Bruno Gattai (in foto), managing partner di Dewey Ballantine in occasione del convegno “Il private equity nelle utilities e nelle infrastrutture”, organizzato dallo studio inglese in collaborazione con Bloomberg, AIFI e TopLegal. Rispetto a quanto accade all’estero, però, gli investimenti provenienti da questi grandi investitori privati sono ancora limitati, in ragione di un’innegabile incertezza che esiste dal punto di vista regolamentare. «Lo scarso sviluppo dei fondi chiusi in Italia», ha aggiunto Anna Gervasoni, direttore generale di AIFI, «è attribuibile principalmente a diversi fattori, come l’incertezza temporale, i parametri posti a base di gara e una base contrattuale incompleta e la non bancabilità». Un altro limite è rappresentato anche dall’assenza in questo settore di risorse provenienti dagli investitori istituzionali, come i fondi pensione e le assicurazioni, nonostante l’investimento in utilities e infrastrutture costituisca un asset con un basso profilo di rischio. Alcuni dei principali player italiani hanno comunque fatto le loro prime mosse, come Finit & Partners, guidata da Matteo Patrone, e Clessidra Capital Partners guidata da Claudio Sposito. Quest’ultima starebbe inoltre pensando al lancio di un fondo dedicato alle infrastrutture. Oltre ai già citati, al convegno sono intervenuti James Simpson, Stefano Catenacci, Gaetano Carrello e Luca Dezzani (legali di Dewey Ballantine), Michele Positano (Macquarie), Massimiliano Masi (Enìa), William Pavone (The Royal Bank of Scotland), Mark Pollard (Marsh Italia), Luigi Prosperetti (Università studi di Milano e name partner dello studio Dallocchio e Prosperetti).