Vivendi, assistita da Cleary Gottlieb, ha vinto contro Mediaset alla Corte di giustizia dell'Unione europea dopo aver ottenuto due recenti pronunce favorevoli in Spagna e in Olanda. Con la sentenza emessa il 3 settembre 2020, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha integralmente accolto le argomentazioni del gruppo francese, controllato da Vincent Bolloré, sulla contrarietà dell’art. 43, comma 11, del Tusmar con il principio di libertà di stabilimento sancito dall’art. 49 Tfue.
La Corte di giustizia si è pronunciata a seguito di un rinvio pregiudiziale formulato dal Tar Lazio, nel giudizio promosso da Vivendi per l'annullamento della delibera con cui l’Agcom aveva ritenuto contrario all’art. 43, comma 11, del Tusmar che Vivendi potesse esercitare un’influenza notevole sia su Tim che su Mediaset, detenendo oltre il 10% dei diritti di voto in ciascuna delle due società.
Il team di Cleary Gottlieb ha coordinato la strategia legale in tutte le giurisdizioni, lavorando con gli studi Araoz y Rueda in Spagna e De Brauw in Olanda.
Cleary Gottlieb, in particolare, ha agito con un team composto dai partner Giuseppe Scassellati (in foto) e Marco D'Ostuni, dai counsel Gianluca Faella e Giulio Cesare Rizza coadiuvati da Michael Tagliavini , a cui si aggiungono il partner Ferdinando Emanuele, i counsel Francesca Gesualdi, Paolo Rainelli e Roberto Argeri, gli associate Federico Cenzi Venezze, Giovanna Ciccioli, Davide Gianni, Alessio D'Alessandro, che sono stati convolti negli altri contenziosi e negli aspetti di diritto societario.
Accogliendo le argomentazioni di Vivendi, la Corte di giustizia ha statuito che il principio di libertà di stabilimento «osta ad una normativa di uno Stato membro che ha l’effetto di impedire ad una società registrata in un altro Stato membro, i cui ricavi realizzati nel settore delle comunicazioni elettroniche, come definito ai fini di tale normativa, siano superiori al 40% dei ricavi complessivi di tale settore, di conseguire nel SIC ricavi superiori al 10% di quelli del sistema medesimo».
I giudici e le autorità nazionali sono tenuti, sin d'ora, a disapplicare le norme di diritto nazionale ritenute in contrasto con i principi del diritto dell’Unione europea dalla Corte di giustizia. Sulla base della norma ritenuta invalida dalla Corte di giustizia, Mediaset aveva escluso una quota delle azioni di Vivendi (eccedenti il 9,99%) dal voto alle assemblee del 4 settembre 2019 e del 10 gennaio 2020, che avevano così approvato il progetto di fusione transfrontaliera di Mediaset.
Contro le delibere di fusione Vivendi si è rivolta ai tribunali italiani, spagnoli e olandesi. Nell'ambito di tali giudizi, Vivendi ha ottenuto recentemente due importanti vittorie presso il Tribunale delle Imprese di Madrid (il 28 luglio 2020) e la Corte d’Appello di Amsterdam (il 1° settembre 2020), che hanno riconosciuto la natura abusiva dell’operazione e sospeso il progetto di fusione transfrontaliera.
Mediaset in una nota spiega che i rilievi della Corte di giustizia dell'Ue «dovranno essere esaminati nelle successive fasi di giudizio davanti al giudice nazionale competente e su cui si confida che l'Autorità garante per le comunicazioni possa fornire ogni opportuno chiarimento», valutando «i rischi per il pluralismo, valore fondamentale per lo stesso diritto dell'Ue, derivanti dalla possibilità illimitata per le imprese dominanti nelle telecomunicazioni di rafforzare la propria posizione nel settore media».