Il 15 novembre è stata approvata alla Camera la nuova legge sul whistleblowing, che prevede nuove tutele per chi, all’interno di una società pubblica o privata, decide di segnalare un comportamento irregolare di cui è stato testimone.
TopLegal ha chiesto a Luca Failla (in foto), cofondatore e partner di LabLaw, un commento sulle innovazioni introdotte e sulle differenze che si vengono a creare tra mondo pubblico e privato. «Si tratta sicuramente di un passo avanti, soprattutto per la pubblica amministrazione per la quale la norma è già operativa – spiega Failla – Ma mi chiedo se non si sarebbe potuto fare di più anche nel settore privato». La nuova legge, infatti, guarda soprattutto al pubblico e sembra tutelare meno i dipendenti delle società private. Un dato rimarcato da Failla che però aggiunge: «La legge, con le dovute differenze, si applica anche alle private. Certo la normativa è più stringente per il settore pubblico, ma non bisogna dimenticare che le società private più strutturate sono già dotate di procedure in questo senso. Specialmente i gruppi statunitensi, che in seguito alla legge Serbanes Oxley del 2002, le hanno poi prodotte in tutti Paesi in cui operano».
Ci sarà però da lavorare. La normativa introduce tanti cambiamenti e le società necessiteranno dell’intervento dei giuslavoristi e dei penalisti per modificare i modelli della 231/2001 e per integrare le procedure sul whistleblowing già esistenti. Le condotte illecite andranno perseguite e bisognerà prevedere le sanzioni, in caso di violazioni dei comportamenti.
Non è però la prima volta che si parla di whistleblowing all’interno del nostro sistema legale: «Qualcosa esisteva già in piccolo – spiega Failla – Un guscio era già previsto dalla legge 154/2014 che ha apportato delle modifiche al testo unico bancario. Si trattava però di una disposizione che prevedeva la denuncia, senza però indicare forme di tutela specifiche che dovevano essere introdotte dagli Istituti bancari. Adesso c’è una procedura, un meccanismo che può consentire maggiore diffusione di questi comportamenti virtuosi».
Tra le maggiori tutele per il lavoratore che decide di denunciare un comportamento irregolare all’interno della società, una in particolare è sottolineata da Failla: «Nel caso di licenziamento del denunciante vi è l’inversione dell’onere probatorio. Adesso è il datore che deve dimostrare come il licenziamento non sia legato alla denuncia. Inoltre nel settore pubblico i comportamenti ritorsivi possono essere contestati al giudice del lavoro ma anche all’Anac. Senza dimenticare che la norma prevede sanzioni penali ed economiche incisive, per chi omette di attivarsi in caso di denuncia». L’autorità guidata da Raffaele Cantone potrà applicare all’ente una sanzione pecuniaria amministrativa fino a 30mila euro, mentre la mancata verifica della segnalazione e l’assenza o l’adozione di procedure discordanti dalle linee guida comportano invece una sanzione fino a 50 mila euro.
Ma quanto detto riguarda, però, il solo settore pubblico: «Tutto questo non è previsto nel privato. Non ci sono responsabilità penali e civili e non c’è un termine per modificare o integrare i modelli di cui alla 231».
La legge costituisce comunque un passo avanti importante nella tutela dei dipendenti per cui è prevista anche la tutela dell’identità. Non saranno però ammesse segnalazioni anonime. Anche qui, secondo Failla, possono sorgere dei dubbi sull’applicazione della legge: «In generale, nelle private le procedure di whistleblowing non si attivano se non sono firmate. Va dato un indirizzo preciso ai legal counsel per tutelare la riservatezza del segnalante e al contempo rendere agevole il meccanismo. Inoltre, se nella grande azienda il dipendente è solitamente più protetto, nelle aziende piccole è più difficile tutelare l’anonimato».
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