Whistleblowing nel settore privato

A che punto siamo dopo i primi mesi di applicazione del D. Lgs. 24/2023?

25-06-2024

Whistleblowing nel settore privato

Nel mese di dicembre dello scorso anno ANAC ha avviato un monitoraggio finalizzato a rilevare le principali problematiche riscontrate dagli enti, sia pubblici che privati, tenuti ad attivare il canale interno di segnalazione previsto dal D. Lgs. 24/2023.

All’indagine, effettuata tramite un questionario anonimo, hanno partecipato 319 enti del settore pubblico e 213 del settore privato. Gli esiti sono stati pubblicati il 18 marzo scorso.

Di grande interesse il fatto che ANAC abbia dichiarato di voler tener conto delle risultanze emerse dal monitoraggio al fine di fornire “successivi orientamenti di carattere generale con particolare riferimento ai canali interni di segnalazione”.

In attesa degli auspicati orientamenti, di seguito una breve panoramica delle principali evidenze emerse nell’ambito del settore privato.

Istituzione del canale interno

La normativa ha imposto agli enti, rientranti nell’ambito soggettivo di applicazione della stessa, di istituire e attivare un canale interno di segnalazione, di cui di seguito si esamineranno le modalità di attuazione.

Al momento della somministrazione del questionario - reso disponibile dal 4 dicembre al 22 dicembre 2023 nella homepage del sito istituzionale ANAC - l’obbligo di attivazione del canale interno di segnalazione non era stato adempiuto da tutti i soggetti che hanno risposto (31 su 213), essenzialmente per alcuni perché tenuti dal 17.12.2023, per altri, tenuti dal 15.07.2023, perché ‘vi stavano provvedendo’.

Il dato è significativo innanzitutto delle difficoltà in cui gli enti, anche di grandi dimensioni, si sono trovati nell’attuare una norma complessa, entrata in vigore solo qualche mese prima (15.03.2023).

La norma, come interpretata dalle Linee Guida formulate da ANAC e nella Guida Operativa emanata Confindustria, indica la necessità di predisporre una procedura formale per la gestione del canale interno di segnalazione, di cui siano previamente informate le organizzazioni sindacali, che sia adottata tramite atto organizzativo e che sia portata a conoscenza di tutti i soggetti possibili segnalanti.

La procedura di gestione è stata disciplinata con apposito atto organizzativo da 153 enti, non lo hanno fatto, invece, in 29.

Dei 29, 22 hanno ritenuto di non adottare apposito atto organizzativo e di prevedere all’interno del Modello Organizzativo adottato ai sensi del D. Lgs. 231/2001 la disciplina del canale interno di segnalazione.

I rimanenti 7 hanno dichiarato che la motivazione della mancata adozione dell’atto organizzativo è stata la “mancanza di sindacati in azienda”, motivazione che rende evidente l’erronea lettura data alla norma. La legge prevede, infatti, l’obbligo di “sentire” le associazioni sindacali dei lavoratori: la finalità è meramente informativa e concretamente si svolge in due momenti, il primo, obbligatorio, della comunicazione al sindacato dell’intenzione di attivare il sistema whistleblowing con una descrizione degli elementi essenziali della procedura, il secondo, eventuale, dell’incontro di approfondimento, da tenersi solo se richiesto dal sindacato. Nel caso di aziende prive di rappresentanze sindacali (RSU, RSA) l’obbligo deve essere assolto inviando l’informativa alle associazioni territoriali o nazionali firmatarie del contratto collettivo applicato in azienda.

Purtroppo i dati raccolti (alla data del 22.12.2023) confermano le serie difficoltà di interpretazione ed attuazione della norma. Così, quanto ai contenuti, ben 97 enti, tra quelli che hanno adottato l’atto organizzativo, non sono stati in grado di fornire specifiche informazioni sulle “modalità di coordinamento tra il gestore della segnalazione e gli uffici interni dell’ente”.

Modalità di presentazione delle segnalazioni in forma scritta

Due le modalità di segnalazione consigliate dalla stessa ANAC all’interno delle sue Linee Guida e oggetto, poi, di monitoraggio:

-          l’utilizzo di piattaforme informatiche online;

-          l’utilizzo della posta cartacea con inserimento della segnalazione in tre buste, la prima contenente i dati identificativi del segnalante unitamente a copia del documento di identità, la seconda contenente la descrizione della segnalazione da collocarsi entrambe in una terza busta; in grado di garantire la riservatezza delle informazioni.

Ciò posto, sono ben 120 (su un totale di 213) gli enti del settore privato che hanno dichiarato di essersi affidati a società specializzate per l’implementazione di piattaforme informatiche in grado di acquisire e gestire le segnalazioni nel rispetto dei requisiti tecnici richiesti dalla normativa, tra cui appunto la riservatezza delle informazioni. Piattaforme informatiche che in 97 casi sono state acquisite in forma di servizio cloud (SaaS - Software as a Service) e in 23 casi, invece, sono state installate sulle infrastrutture informatiche degli stessi enti.

Le più utilizzate sono risultate quelle sviluppate da Whistleblowing Solutions Impresa Sociale S.r.l. (Global Leaks), BDO Italia S.p.A. (@whistleblowing), DigitalPA S.r.l. (Legality whistleblowing) e Mygo S.r.l., società del gruppo Zucchetti, (My Whistleblowing) o, comunque, piattaforme che:

-          permettano la crittografia dei dati sia in transito che a riposo (112 su 120);

-          consentano l’autenticazione a più fattori (91 su 120);

-          integrino specifiche funzionalità per garantire il rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali (116 su 120);

-          prevedano funzionalità per la gestione del processo di lavorazione della segnalazione (106 su 120).

Gli altri 93 enti hanno, invece, optato per differenti modalità di trasmissione e gestione delle segnalazioni. Tra queste la vera alternativa all’utilizzo di piattaforme informatiche è risultata la posta ordinaria, scelta dal 46% degli enti privati, a cui si sono aggiunte pec (posta elettronica certificata), peo (posta elettronica ordinaria), raccomandata e ufficio protocollo. Il residuo 15% ha, infine, dichiarato di usufruire di ulteriori modalità, tra cui la redazione di verbali tramite colloqui intercorsi con il responsabile whistleblowing ovvero con l’Amministratore Delegato, la predisposizione di moduli con Qr Code scansionabile, l’implementazione di un canale di messaggistica PTP con numero dedicato, ecc.

In ogni caso e a prescindere dalla modalità di segnalazione individuata, il monitoraggio ha poi fatto emergere come molti enti abbiano deciso di implementare ulteriori accorgimenti atti a garantire la riservatezza dell’identità del segnalante e del contenuto della segnalazione. Tra questi, quelli maggiormente realizzati sono risultati la protocollazione riservata (62%) e la raccolta di segnalazioni in registro riservato e separato (63%).

A questo punto, sorge però spontanea una domanda: quali sono le motivazioni che hanno mosso gli enti privati a discostarsi dall’utilizzo delle piattaforme informatiche? E, in questi casi, come viene mantenuto il dialogo con il segnalante?

Sul primo quesito i motivi più segnalati sono stati rinvenuti nell’insufficienza di risorse economiche, soprattutto per quegli enti privati con una media di dipendenti compresa tra 50 e 249, nel mancato completamento dell’implementazione della piattaforma e nell’assenza di segnalazioni, risposta fornita da ben 67 soggetti. Sul secondo, invece, si è evidenziato come nella maggior parte dei casi le interlocuzioni vengano mantenute via pec, peo o e-mail appositamente riservata o criptata, per telefono, via WhatsApp o tramite incontro diretto.

Alla luce, quindi, delle predette risposte appare chiaro come la stragrande parte degli enti privati abbia preferito implementare le piattaforme informatiche, risultando strumenti che consentono di gestire in modo più appropriato la segnalazione e di garantire maggior sicurezza anche dal punto di vista informatico.

Nonostante ciò, può però verificarsi che le segnalazioni pervengano su canali differenti rispetto a quelli implementati dall’ente privato: che fare, quindi, in questi casi? Il monitoraggio ha dimostrato che solo il 10% dei rispondenti ha dichiarato un non corretto utilizzo del canale; in tale ipotesi, le segnalazioni sono state i) trasmesse al soggetto deputato alla gestione delle stese, ii) archiviate con invito ad inoltrarle al corretto canale.

Modalità di presentazione delle segnalazioni in forma orale

Conformemente al dettato normativo, la maggior parte degli enti (137) ha dichiarato di aver previsto la possibilità di effettuare segnalazioni anche attraverso un canale orale, con le seguenti modalità:

·         richiesta di un incontro diretto con il gestore del canale di segnalazione interno, mediante l’individuazione di una sede riservata, anche esterna alla sede dell’ente (che risulta essere la modalità preferita dai segnalanti);

·         attivazione di una linea telefonica gratuita dedicata, presidiata da operatore che acquisisce la segnalazione e la registra oppure in cui è presente un sistema di segreteria;

·         attivazione di una linea telefonica che acquisisce la segnalazione senza registrarla;

·         previsione di un sistema di messaggistica vocale;

·         attivazione di un numero verde con messaggistica vocale;

·         utilizzo della linea telefonica ordinaria;

·         effettuazione di una chiamata tramite WhatsApp;

·         utilizzo della piattaforma informatica, anche con anonimizzazione della voce.

Ma viene tenuta traccia della segnalazione orale? Se sì, come? Solo una parte degli enti (106) ne tiene traccia, inserendo la segnalazione all’interno della piattaforma informatica se istituita (si tratta della modalità preferita), verbalizzandola, inserendola in uno specifico registro separato e riservato oppure registrandola nella segreteria telefonica.

Rispetto, poi, all’individuazione di eventuali fasce orarie e giorni in cui è possibile acquisire la segnalazione orale, è emerso che 64 enti non intendono prevedere / non hanno previsto nulla. Gli altri, invece, hanno indicato che l’acquisizione delle segnalazioni orali può avvenire durante tutti i giorni lavorativi (61 soggetti) oppure solo in determinate giornate lavorative (24) e, in tutti e due i casi, senza limitazioni orarie. Solo 4 enti hanno comunicato che le segnalazioni orali possono essere acquisite esclusivamente in determinate giornate lavorative e fasce orarie.

Ciò detto, la modalità di segnalazione orale non risulta essere quella preferita dai segnalanti.

Gestione delle segnalazioni anonime

La normativa consente al segnalante di valutare autonomamente se, nell’ambito dell’inoltro della segnalazione, rivelare o meno la propria identità. Qualora il segnalante decida di non rivelarla, il gestore della segnalazione si troverà di fronte ad una vera e propria segnalazione anonima, che se risulta ben circostanziata, dovrà essere equiparata ad una segnalazione ordinaria e trattata di conseguenza nel rispetto di quanto stabilito.

Su questo tema, due e semplici le domande rivolte agli enti. Nello specifico, se le segnalazioni anonime vengono ricevute e, in caso affermativo, come vengono gestite. Ben il 55% degli enti privati intervistati ha dichiarato di aver ricevuto segnalazioni anonime e di aver trattate come segnalazioni whistleblowing a tutti gli effetti (40%). Il restante 15% gestisce, invece, le segnalazioni come segnalazioni ordinarie oppure le archivia.

Gestione delle segnalazioni interne: i soggetti coinvolti, i rispettivi compiti e le modalità di coordinamento tra il gestore delle segnalazioni interne e gli uffici interni all’ente

La maggior parte degli enti (122) ha dichiarato di aver affidato la gestione del canale ad un soggetto interno, principalmente OdV, Internal Audit, Comitato appositamente costituito, Ufficio Compliance, Responsabile Risorse Umane. Gli enti che hanno optato per l’individuazione di un soggetto esterno hanno affidato il ruolo soprattutto a persone fisiche, come consulenti o avvocati.

Taluni enti hanno, inoltre, individuato un gestore alternativo nel caso di conflitto di interesse, ad esempio quando il soggetto segnalato sia il gestore stesso o altro soggetto gerarchicamente a lui sottoposto, così da evitare che la segnalazione debba essere inoltrata ad ANAC tramite il canale esterno.

Quanto ai compiti assegnati al gestore, alcuni enti hanno richiamato tutte le attività previste dal D. Lgs. 24/2023 e dalle Linee Guida ANAC (rilascio al segnalante dell’avviso di ricevimento della segnalazione, mantenimento delle interlocuzioni, diligente seguito alle segnalazioni ricevute, tempistiche di riscontro). Molti hanno poi previsto e disciplinato la possibilità del gestore di avvalersi della collaborazione di altri uffici interni o di soggetti apicali di altre unità organizzative; pur tuttavia solo alcuni hanno specificato che il coinvolgimento di altri uffici / soggetti avviene nel rispetto della normativa “privacy”.

Considerato che alcuni enti hanno dichiarato di coinvolgere il direttore generale/la direzione aziendale per dare seguito alla segnalazione, attribuendo una funzione di supervisione, ANAC ha ribadito, conformemente a quanto previsto dall’art. 4, comma 2, del D. Lgs. 24/2023, che autonomia, indipendenza e imparzialità devono necessariamente connotare l’attività del gestore. Il coinvolgimento della direzione deve avvenire, quindi, solo ove venga ravvisata, all’esito dell’attività istruttoria svolta in autonomia, la fondatezza della segnalazione, e ciò al fine di rimuovere le criticità ed accertare le responsabilità individuali.

Soggetti segnalanti

L’indagine ha rivelato che ben 150 enti non hanno ricevuto segnalazioni.

Ne hanno ricevute (una o più) 63 enti. Per la maggior parte (l’86%) si tratta degli enti di grandi e medie dimensioni (oltre i 50 dipendenti).

Il dato evidenzia che le organizzazioni con meno di 50 dipendenti non hanno implementato il sistema whistleblowing, per le stesse non obbligatorio, se non per quelle che hanno adottato il Modello Organizzativo ai sensi del D. Lgs. 231/2001.

Le segnalazioni sono pervenute per la maggior parte dagli stessi dipendenti (50%). Seguono, per numero di segnalazioni, i lavoratori autonomi e i consulenti (23%), i volontari e i tirocinanti (14%) e gli azionisti (13%).

Rispetto al novero dei segnalanti previsto dalla norma di legge è interessante rilevare che non hanno effettuato segnalazioni i soggetti con i quali l’ente non ha in essere un rapporto formalizzato, vale a dire coloro che hanno acquisito informazioni sulle segnalazioni durante il processo di selezione o in altre fasi precontrattuali e coloro il cui rapporto giuridico è cessato.

Gestione delle segnalazioni pervenute tramite canali diversi da quelli implementati

Solo 22 enti hanno dichiarato di aver ricevuto delle segnalazioni tramite canali diversi da quelli implementati e, la maggior parte (17), le ha trasmesse direttamente al soggetto deputato alla gestione del canale di segnalazione interno.

I restanti, invece, ne hanno disposto l’archiviazione oppure hanno invitato il segnalante ad utilizzare il canale corretto.

Formazione del personale

Posto che la formazione è fondamentale per assicurare che le segnalazioni ricevute vengano trattate adeguatamente, i gestori del canale di segnalazione interno devono essere specificatamente formati sulla disciplina del whistleblowing, sulle norme applicabili in materia di protezione dei dati personali e sulle procedure adottate dall’ente.

Dall’indagine è emerso che la maggioranza degli enti (187) ha pianificato o sta pianificando iniziative di sensibilizzazione e formazione del personale, al fine di divulgare le finalità dell’istituto del whistleblowing e la procedura per il suo utilizzo. Rispetto, nello specifico, alle segnalazioni orali, solo 135 enti hanno formato il personale al riguardo.

Condivisione del canale interno di segnalazione

La maggior parte degli enti di piccole e medie dimensioni (58%) non si è avvalsa della facoltà di condividere il canale interno di segnalazione, come consentito dall’art. 4, comma 4, del D. Lgs. 24/2023. Pochi enti hanno dichiarato di avere intenzione di condividerlo prossimamente.

Con specifico riferimento, invece, agli enti di grandi dimensioni è emerso che 26 enti con più di 249 dipendenti hanno riferito di aver condiviso il canale, pur non rientrando fra i soggetti a cui è consentita la condivisione e 4 enti con più di 249 dipendenti hanno dichiarato di avere intenzione di condividere il canale in un prossimo futuro.

 

di Anna Albè, Micaela Barbotti, Simona Custer, Sara Della Piazza

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A&A – Albè & Associati Studio Legale AnnaAlbè, MicaelaBarbotti, SimonaCuster


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