Il 15 novembre scorso, la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva il disegno di legge recante disposizioni in materia di Whistleblowing, che prevede nuove tutele per chi, all’interno di una società pubblica o privata, decide di segnalare un comportamento irregolare di cui è stato testimone. TopLegal, in collaborazione con Unione fiduciaria, LabLaw e Brusa Spagnolo Tosoni ha organizzato l'incontro "La nuova disciplina sul whistleblowing: adeguamenti regolamentari e procedurali", per analizzare tutte le novità previste dalla legge 179/2017. A fornire il loro contributo in qualità di relatori sono stati: Giorgio Martellino, presidente di Aitra - Associazione Italiana Trasparenza e Anticorruzione; Luca Failla, socio fondatore di LabLaw Studio Legale Failla Rotondi; Sergio Spagnolo, socio fondatore di Brusa Spagnolo Tosoni; Marcello Fumagalli, direttore Area Consulenza Banche di Unione Fiduciaria e, sempre per Unione Fiduciaria, Diego Pasquale.
Il contesto normativo del whistleblowing: pubblico vs privato
Prima di addentrarsi nei cambiamenti all’operatività delle aziende, Giorgio Martellino ha inquadrato le differenze tra settore pubblico e privato poste dal nuovo quadro normativo. Nel settore pubblico il whistleblowing interviene a modificare una norma già presente nel nostro ordinamento - l’art. 54bis del TU sul pubblico impiego e si inserisce nel solco della legge 190/2012 sull’anticorruzione, che già prevedeva un meccanismo di tutela del segnalante, tanto che l’Anac aveva già predisposto un suo regolamento in merito. La differenza è che prima il meccanismo di tutela era suggerito, mentre adesso è obbligatorio e prevede la costituzione di un canale dedicato alle segnalazioni che va in capo a una persona preposta, il responsabile anticorruzione. La norma, inoltre, stabilisce chi è legittimato a essere segnalante – i dipendenti della Pubblica amministrazione e i suoi fornitori – e prevede sanzioni penali ed economiche incisive per chi omette di attivarsi in caso di denuncia. Più nebulosa rimane la disciplina in ambito privato, dove il whistleblowing è ricompreso nell’ambito della disciplina tracciata dal D.lgs. 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti. L’adeguamento alla nuova norma è prescritto solo alle aziende dotate di modello 231, che dovranno integrare all’interno del loro modello una procedura sulla gestione delle segnalazioni. Come noto, il modello 231 costituisce soltanto una best practice e non un obbligo in capo all’azienda. Martellino ha, quindi sottolineato la presenza di "una asimmetria tra la Pubblica amministrazione e il settore privato, che fa viaggiare i due comparti a due velocità diverse dal punto di vista normativo. Uno scollamento che - ribadisce - lascia dubbi sull’applicabilità di molti aspetti della nuova normativa in ambito privato".
Gli aspetti lavoristici del nuovo strumento
Posta la differenza tra settore pubblico e settore privato, “per l’azienda lavorare bene su questi aspetti è importante perché significa allargare o restringere il perimetro del campo da gioco, e definire le condotte illecite è il primo paletto del campo di calcio”, ha sottolineato Luca Failla. È quindi necessario che l’azienda definisca all’interno del modello di organizzazione, gestione e controllo il perimetro delle condotte costituenti “un rischio per l’integrità dell’ente”. Ciò andrà certamente a fungere da utile punto di riferimento per il dipendente, evitando che la procedura venga utilizzata impropriamente per mezzo di segnalazioni di circostanze attinenti alla sfera meramente personale del dipendente ovvero ultronee rispetto all’esigenza di tutela dell’integrità dell’ente. Un ulteriore profilo affidato al vaglio del giuslavorista sarà poi quello della tutela della riservatezza del “segnalante” nel quadro del procedimento disciplinare nei confronti del “segnalato”: se per il pubblico, è previsto che (a fronte del consenso del “segnalante”), la sua identità possa essere rivelata a tutela del diritto di difesa dell’incolpato, nel privato non esiste analoga disposizione. Di qui, la necessaria cristallizzazione di una disciplina che contemperi l’esigenza di riservatezza del segnalante con le necessità di trasparenza del procedimento disciplinare e il principio di difesa da parte del soggetto nei cui confronti viene promossa l’azione disciplinare.
Il whistleblowing nel decreto 231/01, i profili penali
Esiste davvero una reale connessione tra Modello 231, prevenzione dei reati all'interno degli enti e disciplina penalistica della rivelazione di segreti? L'intervento di Sergio Spagnolo è iniziato con questa provocazione. Ebbene, da un punto di vista penale, Spagnolo ha sottolineato che "i due interventi sulla disciplina penalistica prevista dalla L. 179/17 non sono collegati poiché i reati di rivelazione del segreto non sono reati presupposto del D.Lgs 231". A questa premessa, ha aggiunto altre considerazioni inerenti l'opportunità di legare il whistleblowing alla 231. Anzitutto, un primo elemento di criticità è stato rinvenuto nel legame tra tutela del whistleblower e Modello 231 per cui la tutela viene applicata solo a quegli enti dotati di modello. Una scelta che, agli occhi di Spagnolo, appare "discutibile" poichè la tutela dell'integrità aziendale non dovrebbe riguardare solo tali enti. Altro elemento di criticità è costituito poi dal fatto che oggetto della segnalazione possono essere solo reati presupposto ex 231. La qual cosa escluderebbe dal novero delle possibili segnalazioni tutta una serie di reati come i fatti di appropriazione indebita, di rilevazione di segreti o gli illeciti fiscali. Infine, l'ultimo profilo di criticità risiede nel fatto che l'organismo di vigilanza non è espressamente citato come destinatario delle segnalazioni poichè la legge, a differenza di quanto avviene in ambito pubblico, nel settore privato non indica un referente chiaro ma lascia alle aziende la libertà di individuarne uno. Ciò apre il campo a diverse ipotesi: potrebbe essere un soggetto esterno, la funzione compliance o finanche il datore di lavoro in caso di Pmi.
Whistleblowing in azienda. Prassi e soluzioni operative
Marcello Fumagalli di Unione Fiduciaria si è soffermato sull'analisi dei cambiamenti introdotti dal whistleblowing nelle prassi dell'organizzazione aziendale. Anzitutto, il dato più evidente è la necessaria predisposizione di canali di segnalazione. Dovranno essere codificate procedure atte a delineare canali alternativi cui il segnalante può fare ricorso, tenendo presente che la nuova disciplina richiede più canali di segnalazione di cui almeno uno con modalità informatiche che garantiscano la riservatezza dell’identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione. Senza tralasciare la possibilità di individuare come soggetto responsabile del canale anche figure esterne all'organizzazione. Come affermato dallo stesso Fumagalli "il ricorso a soggetti esterni all’organizzazione per il ricevimento e la gestione delle segnalazioni e dei dati che transitano nel sistema di whistleblowing può rafforzare nei destinatari la percezione di indipendenza nella conduzione del processo". Quello dell'indipendenza è stato uno degli argomenti più sottolineati. Ed è evidenziato anche dalle criticità individuate dall'Anac con il primo monitoraggio nazionale sull’applicazione del whistleblowing (datato 2017). Secondo l'Autorità uno dei principali rischi è connesso alla tutela della riservatezza collegata ai canali utilizzati. Riservatezza che è tanto maggiore quanto più indipendente è il canale. Tra le principali caratteristiche che un sistema di segnalazione dovrebbe avere per essere compliant alle normative di riferimento figurano: i) riservatezza e inaccessibilità sia all'interno dell'organizzazione che all'esterno; ii) indipendenza e autonomia rispetto agli altri sistemi informativi dell'organizzazione aziendale. Stando a queste caratteristiche, il destinatario indipendente e autonomo delle denunce potrebbe essere individuato nell'Organismo di vigilanza, che potrebbe realizzare con efficacia le finalità della nuova disciplina di salvaguardare l'integrità dell'ente e tutelare il segnalante.
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