Lavoro

Industria 4.0, siamo pronti alla rivoluzione?

Rischi e soluzioni legali alle sfide dell'intelligenza artificiale e della digitalizzazione

27-06-2018

Industria 4.0, siamo pronti alla rivoluzione?



Ogni rivoluzione tecnologica è sempre stata accompagnata da un cambiamento nel mondo del lavoro. Se da un lato si creano nuove opportunità di sviluppo, dall'altro a entrare in crisi sono spesso le categorie meno adatte al rinnovamento. Nell'epoca dell'industria 4.0, il mutamento proviene dallo sviluppo dell'intelligenza artificiale e dalla crescente digitalizzazione. Nuove figure professionali emergono e, al contempo, altre rischiano l'estinzione.

Nel corso dei prossimi anni molte delle nuove sfide saranno legate all'intelligenza artificiale e alle sue applicazioni. Con la conseguente nascita di nuove questioni legali correlate all'utilizzo stesso delle nuove tecnologie. Il primo dei settori in cui l'effetto si è già fatto sentire è quello della gig economy, nella quale l'utilizzo di app di gestione dei lavoratori è all'ordine del giorno. E non mancano problemi legati alla definizione del rapporto di lavoro e dei conseguenti diritti da riconoscere al lavoratore.

Sul tema si è espresso Raffaele De Luca Tamajo, partner di Toffoletto De Luca Tamajo, nell'ambito di un recente incontro tenuto dall’Aidp (associazione italiana direzione del personale) sul futuro del lavoro: «L’attuale quarta rivoluzione industriale, cioè la digitalizzazione della produzione di beni e servizi, rappresenta l’ennesima sfida per il diritto e le politiche del lavoro. Sono fenomeni che rischiano di influenzare profondamente tutti gli aspetti del diritto del lavoro: retribuzioni e inquadramenti, tempi e luoghi del lavoro, relazioni sindacali, politiche occupazionali fino alla cessazione del rapporto». 

Ma come approcciare questi cambiamenti? Secondo uno studio promosso da K&L Gates, per un manager su due (51%) l’intelligenza artificiale può creare business e portare vantaggi in diversi ambiti. Tuttavia il 59% dei soggetti monitorati riscontra – nelle aziende e nei lavoratori – una certa impreparazione nell’affrontare le sfide dovute all’avvento delle nuove tecnologie. Secondo lo studio condotto dalla law firm, la consapevolezza sul valore che le nuove tecnologie possono creare attorno al business e al miglioramento di servizi e prodotti è molto forte, ma permangono scetticismo verso la transizione e poca proattività al cambiamento.

Le aziende si trovano a fare i conti con la riorganizzazione strutturale e la formazione delle risorse, due principali conseguenze dell’introduzione e utilizzo dell’intelligenza artificiale. I lavoratori invece hanno davanti l’opportunità di evolvere competenze e abilità e di imparare a lavorare insieme alla tecnologia. E in questo quadro, un ruolo focale deve svolgerlo anche il Legislatore, principalmente nello stabilire regole eque senza frenare la spinta a innovare.

«Non v’è dubbio che stiamo attraversando un’epoca di trasformazioni tecnologiche molto simile alla seconda rivoluzione industriale  – spiega Roberto Podda, partner di K&L Gates e responsabile del dipartimento di diritto del lavoro – Il legislatore è quindi chiamato ad accompagnare questo cambiamento, proponendo l’adozione di strumenti al passo con i tempi, che superino l’ormai stantio dibattito tra lavoro subordinato ed autonomo e che evitino il deflagrare di un nuovo conflitto sociale 4.0 che sarebbe difficilmente governabile. I temi più urgenti da affrontare? Assicurare ai lavoratori una continua riqualificazione professionale ed assisterli, quando necessario, nel processo di ricollocazione. Ed ancora: di fronte al tramonto dei tradizionali istituti di protezione sociale, promuovere l’introduzione di strumenti (quali, per esempio, le umbrella companies di origine anglosassone) in grado di assicurare un minimo di coperture assistenziali e di continuità nel reddito, senza gravare sulle imprese e sulla collettività».

Quando si parla di tecnologia e futuro del lavoro, quindi, non basta dichiararsi contrari o a favore della tecnologia ma è necessario pesare di volta in volta i valori in gioco evitando prese di posizione assolute tra apocalittici - contrari al cambiamento ma incapaci di vedere le opportunità di sviluppo - e integrati - così convinti della bontà della rivoluzione digitale da non prevedere eventuali paracadute in caso di fallimento. 

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