Sempre più spesso negli ultimi anni, l’attività e l’accountability delle imprese viene valutata dai loro stakeholders anche sotto il profilo etico, in un quadro normativo in cui si collocano gli adempimenti tributari la cui complessità non accenna a diminuire. Di conseguenza, le imprese sono chiamate ad aumentare i propri presidi di fronte a nuove aree di rischio non solo fiscale che sorgono in continuazione: le norme anti-ibridi della direttiva Atad II, l’introduzione dei reati tributari nell’ambito del D.Lgs. 231/2001, la direttiva Pif e, da ultimo, i nuovi adempimenti di reporting previsti dalla direttiva Dac 6.
Se n’è parlato a un recente webinar, organizzato da Kpmg in media partnership con TopLegal, che ha visto la partecipazione di Fabio Egidi, partner di Kpmg studio associato, Michele Rinaldi, partner di Kpmg studio associato, e Luca Nobile, executive senior advisor di Kpmg studio associato.
Sul fronte della produzione normativa e fiscale, l’ultimo quinquennio ha registrato profondi cambiamenti che hanno avuto un notevole impatto sulle relazioni tra aziende, autorità giudiziaria, amministrazione fiscale e la più amplia platea dei portatori di interessi di un’impresa. Dalla fine del 2019, per fare un esempio, gli illeciti tributari sono entrati a far parte dei reati considerati nell'ambito del D.Lgs. 231/2001, con la responsabilità degli enti che è stata estesa ai reati tributari con connotazione fraudolenta. E con l'articolo 5 del D.Lgs. n.75/2000, che ha recepito la direttiva Pif, sono state poi ampliate le fattispecie di reato tributario che determinano la responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs 231.
La stretta penale contro l’evasione e le frodi in Italia, sotto l’impulso di Ocse ed Unione europea, sta spingendo il mondo delle imprese italiane verso una più ampia introduzione in azienda di un tax control framework, che, come sottolineato da Egidi nel suo intervento, avrebbe l’utilità non marginale di coprire anche le aree di rischio rilevanti anche a fine 231. Il presidio del rischio, da quello sanzionatorio a quello reputazionale, del resto è fondamentale anche sul fronte della Dac 6, l’ultima direttiva europea relativa allo scambio automatico obbligatorio delle informazioni relative ai meccanismi transfrontalieri che possono dar luogo ad ipotesi di pianificazione fiscale aggressiva, attuata in Italia lo scorso anno con D. Lgs. 100/2020.
L'impresa, ha sottolineato Rinaldi nel suo intervento, dovrebbe mettere in atto tutta una serie di passi, per capire se operare in modo centralizzato o decentralizzato, individuare le funzioni aziendali eventualmente coinvolte e i soggetti responsabili, creare un processo efficiente per conservare la documentazione a supporto delle decisioni prese, gestire i rapporti con gli intermediari nazionali ed esteri, organizzare le piattaforme It e, per i soggetti di piccola dimensione, valutare l'eventuale esternalizzazione di questi processi.
Gli obblighi introdotti dalla Dac 6 costituiscono un pesante onere per tutti i soggetti tenuti ai relativi adempimenti, tuttavia, ha aggiunto Nobile, possono rappresentare senza dubbio un'occasione di miglioramento dei processi di tax e risk management. L’adozione di un tax control framework efficace e mantenuto efficiente nel tempo attraverso gli adeguati interventi di monitoraggio, manutenzione e adeguamento, a prescindere dalla possibilità di accesso al regime di adempimento collaborativo previsto dal D.Lgs. 128/2015, consente di dare risposte adeguate anche alle richieste di trasparenza poste dalla Global Reporting Initiative (GRI 207-1, 207-2, 207-3 e 207-4)
Negli ultimi anni – ha concluso Nobile – si è registrata una crescente attenzione dell'opinione pubblica per l'aspetto etico nella gestione delle imprese e i comportamenti fiscali responsabili e trasparenti sono diventati elementi determinanti nella valutazione del successo nella gestione dell'impresa.