La riforma Cartabia (D.Lgs. 149/2022) ha introdotto importanti novità per i processi civili e penali ma anche in ambito stragiudiziale, estendendo la negoziazione assistita ai rapporti di lavoro. Le principali novità sul tema sono state illustrate il 25 ottobre scorso alla conferenza “La riforma Cartabia. Nuove prospettive di gestione dei rapporti di lavoro tra prevenzione del rischio e negoziazione assistita”, che si è svolta presso il Palazzo delle Stelline di Milano. All’evento, di cui TopLegal è stato media partner, è intervenuto Andrea Di Francesco, of counsel dello Studio legale Bdl.
Cos’è la negoziazione assistita
La negoziazione assistita è stata introdotta per la prima volta nell’ordinamento italiano dalla legge n. 162 del 10 novembre 2014 recante “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile”. Si tratta di un “accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole una controversia tramite l’assistenza di avvocati iscritti all’albo”.
La legge consente di procedere in via volontaria alla soluzione consensuale delle controversie relative ai procedimenti di separazione personale, cessazione degli effetti civili o scioglimento del matrimonio. L’istituto è stato creato per risolvere in modo amichevole le controversie e ridurre i contenziosi civili in carico ai tribunali. La riforma Cartabia ha esteso la negoziazione assistita alle controversie ex articolo 409 del Codice di procedura penale, ossia ai rapporti di lavoro. L’avvocato Andrea Di Francesco ha fatto il punto sulla sua applicazione.
L’applicazione ai rapporti di lavoro
La negoziazione assistita nelle controversie di lavoro prevede l’assistenza alle parti di un avvocato o consulente del lavoro, è volontaria e può anche essere svolta in modalità telematica. Non è applicabile tuttavia ai diritti indisponibili, come i diritti alla salute e alla tutela previdenziale. La negoziazione deve concludersi in un periodo compreso tra 1 e 3 mesi. È possibile concedere una proroga di 30 giorni, previo accordo delle parti. La negoziazione si articola in tre fasi:
- invito alla stipula della convenzione di negoziazione assistita;
- stipula della convenzione;
- accordo a seguito della negoziazione.
L’invito alla negoziazione deve contenere l’oggetto della controversia e l’avvertimento che la mancata risposta all’invito entro 30 giorni dalla ricezione o il suo rifiuto può essere valutato dal giudice ai fini delle spese giudiziarie. Se la controparte aderisce dopo il termine di 30 giorni, l’altra parte deve accettare nelle forme stabilite dall’ordinamento. La convenzione può essere anche stipulata direttamente dalle parti. La negoziazione avviene alla presenza di almeno un avvocato per ogni parte coinvolta, cui può eventualmente aggiungersi un consulente del lavoro. Entrambi gli avvocati devono garantire l’equilibrio e la consapevolezza delle parti rispetto all’accordo da sottoscrivere.
Per quanto concerne la stipula della convenzione, quest’ultima deve contenere il termine concordato dalle parti, l’oggetto della controversia ed altre eventuali indicazioni. La convenzione deve essere redatta per iscritto per essere valida.
L’accordo raggiunto deve avere lo stesso oggetto della commissione ed essere sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono. Occorre certificare l’autografia e la conformità alle norme imperative di ordine pubblico. L’accordo è trasmesso entro 30 giorni a una delle commissioni di certificazione. Quest’ultima rilascerà poi un’attestazione di avvenuta trasmissione e archiviazione dell’accordo. “L’accordo sarà inoppugnabile e godrà dello stesso regime di stabilità previsto per accordi di conciliazione in sede protetta”, ha precisato Di Francesco (nella foto sopra).
L’accordo non può essere impugnato dall’avvocato che ha partecipato alla sua redazione: ciò costituirebbe infatti un illecito deontologico. L’accordo sarà inoppugnabile e godrà del medesimo regime di stabilità previsto per gli accordi di conciliazione sottoscritti dinanzi ad una delle sedi protette (sede giudiziale, ITL, sede del sindacato, commissioni di certificazione) ai sensi dell’articolo 2113, quarto comma, del codice civile.
Pro e contro della negoziazione assistita
L’avvocato Di Francesco ha evidenziato nel suo intervento che, grazie all’introduzione della negoziazione assistita, il giuslavorista passa da soggetto che interviene “in fase patologica”, ossia di controversia, a soggetto che interviene in una fase preventiva del contenzioso. Con indubbi vantaggi in termini di efficienza e ottimizzazione dell’organizzazione aziendale.
Tuttavia, la negoziazione assistita richiede un tempo minimo di un mese. “In alcuni casi, come nella risoluzione dei rapporti di lavoro, il tempo è fondamentale. Queste e altre questioni hanno peculiarità che meritano di essere maggiormente approfondite. Per esempio, in caso di licenziamento bisogna valutare se può essere trattato con la negoziazione assistita. Quest’ultima si adatta invece a casi come la dequalificazione professionale, differenziali retributivi e/o indennitari, riconoscimento della subordinazione, il trasferimento, che per loro natura richiedono più tempo per l’attuazione”, ha affermato il giuslavorista.
La negoziazione telematica
La riforma Cartabia prevede anche la possibilità di negoziazione in via telematica, utile per parti distanti tra loro. In tal caso, l’accordo conclusivo deve essere formato e sottoscritto nel rispetto delle disposizioni del codice dell’amministrazione digitale ed è trasmesso a mezzo posta elettronica certificata o con altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato. Durante gli incontri, è necessario che le persone collegate da remoto siano visibili e udibili, tramite videocamera, mentre non sono ammessi i collegamenti esclusivamente in audio. Tuttavia, l’acquisizione delle dichiarazioni del terzo non può essere svolta con modalità telematiche. Il legislatore non ha posto divieti alla registrazione degli incontri online; tuttavia, l’avvocato Di Francesco ha sottolineato la necessità di tenere conto degli adempimenti ai fini privacy, oltre che degli accorgimenti usati nella gestione dei fascicoli.
Le attività istruttorie
Infine, la negoziazione assistita può comprendere due attività istruttorie, che vanno stabilite all’inizio: l’acquisizione di dichiarazioni e le dichiarazioni confessorie. Quando la convenzione lo prevede, ciascun avvocato acquisire dichiarazioni da un terzo su fatti specificamente individuati e rilevanti in relazione all’oggetto della controversia, presso il suo studio o presso il Consiglio dell’ordine degli avvocati, in presenza degli avvocati che assistono le parti. Le domande e le dichiarazioni rese sono messe per iscritto in un documento, che fa piena prova di quanto l’avvocato attesta e che potrà essere prodotto nel giudizio.
Le dichiarazioni confessorie invece sono chieste da ciascun avvocato alla controparte, in forma scritta. Il documento fa piena prova di quanto l’avvocato attesta essere avvenuto e può essere prodotto nel giudizio iniziato dalle parti della convenzione di negoziazione assistita. Il rifiuto ingiustificato di rendere dichiarazioni è valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio.
Valentina Magri